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della chiesa cattedrale di benevento | 469 |
mai, e dove esiste un corredo di materiali preziosissimi per la storia dell’arte. Se si approfondisse la critica senza preconcetti, si proverebbe che di qua si diffuse il primo albore del risveglio artistico per opera di molti scultori. Basti un Nicola da Foggia, tanto dimenticato dagli scrittori passati, mentre coetaneo di Nicola da Pisa e autore di opere pregevolissime. E Nicola da Pisa fu proprio di Pisa, o non fu, per contrario, della Puglia? Egli che, al dire di Vasari, aveva appresa l’arte dai Greci, non si partì dal litorale Adriatico con i Pisani che vi facevano commercio? La moderna critica ha sollevata vivacemente questa quistione, la quale si collega a tutto un periodo dell’arte. Ma, anche indipendentemente da essa, puossi disconoscere che i prodotti artistici nostri dell’epoca di Nicola e di Giovanni da Pisa sieno indipendenti da essi? Perchè ritenere che solo Nicola da Pisa sia stato il restauratore dell’arte? Credo siasi camminato troppo sulla falsariga, ripetendo centomila volte le affermazioni degli altri. Se questo è un sistema molto comodo, non è quello che si dee seguire da chi vuole scrivere la storia per la verità. Ma vi ha avuto colpa eziandio la mancanza di buone monografie illustrative dei singoli monumenti locali, mancanza che da noi quaggiù sino a poco tempo fa è stata quasi assoluta. Ora sono le monografie locali quelle che forniscono il materiale utile alla storia generale e alla critica. Senza di esse non si fa che della poesia, perchè la storia dell’arte è una catena di cui non deve mancare nessun anello per poter essere tale. E questa Italia sconosciuta, come ben disse Lenormant, costituisce la discontinuità di quella catena. Allorquando essa sarà bene studiata, e la critica ne avrà tenuti presenti i materiali artistici, si dovrà scrivere da capo la storia dell’arte dal secolo VIII° al XIV°.
Non trasando di dire che mi son domandato se alcune parti di questi amboni non sieno state l’opera di artefice non meridionale, stante pure la coincidenza che furono composte sotto l’Arcivescovato di Monaldo dei Monaldeschi di Orvieto, intervenuto, come dissi, alla inaugurazione dell’inizio del tempio di S. Maria del Fiore in Firenze; ma sono stato persuaso del contrario, oltre che da tutte le ragioni di sopra espresse nel corso di questo capo, dal considerare che il tipo di questi due amboni sia