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via appia—ponte leproso 279

vasi dalle linee punteggiate della planimetria (Tav. XL). E con questi calcoli e con questa costruzione ho potuto determinare eziandio che la testata sinistra sia incorporata nella grossa pila 2, alla quale doveano attaccare pure i due muri di accompagnamento, ora distrutti nella maggior parte, e probabilmente in parte nascosti fra le moderne costruzioni della presente spalla sinistra.

Ma è tempo di rivolgere tutto il nostro esame sulla parte del monumento la quale è messa sulla sponda destra.

Ciò che richiama subito l’attenzione è la pila F (Tav. XLI, fig. 1.a), importantissima, essendo l’unica superstite. La fig. 1.a ce ne mostra la facciata sotto corrente, non intera a causa di un rilevato di terra FG addossatovi; e la fig. 3.a ce ne mostra la facciata interna verso l’arcata D, insieme ad un fianco del rostro. Come vedesi, la struttura murale è la pseudisodoma, di grossi massi lapidei, lavorati rusticamente a bugne o bozze. Oggi dal piano della platea um non emergono che quattro corsi di bugne dell’altezza complessiva di m. 2.58, ma stimo che ve ne debba esser qualche altro sottoposto, il quale per la presenza della platea non ho potuto ricercare. È coronata dalla fascia d’imposta, alta m. 0.60, e sporgente m. 0.32 dal vivo sottoposto su tutte le facce, sebbene oggi manchino i massi che giravano su di questo, e appena possa vedersene un residuo sulla facciata sopracorrente. La pila, come dissi, è grossa m. 5.00 e lunga m. 7.50, senza il rostro, il quale è a base triangolare e sporgente m. 2.50, cioè la metà della grossezza di quella.

In entrambe le facciate avanzano alcune bugne dei timpani, come vedesi sulla stessa pila F, (fig. 1.a, Tav. XLI), i quali salivano sino al livello stradale.

Le volte delle arcate eran costituite di cunei di pietra calcarea; quelli delle armille esterne erano lunghi sul fronte m. 1.20. Di tal che reca sorpresa il veder distrutta una mole così grandiosa, la quale per la sua immensa solidità avrebbe dovuto sfidare impavida i secoli. Più che i tremuoti e le piene penso che fuvvi da prima l’opera vandalica dell’uomo; e poi quelli e queste poterono compiere l’opera di distruzione. Tutto ciò deve riferirsi però sempre all’epoca romana imperiale, nel qual tempo devono essere state costruite le volte di laterizii dove erano prima