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266 via appia—ponte tufaro

e con canale aperto nel mezzo per farvi scorrere la tavola o pancone alla saracinesca:»

C . AVF   VS . C . F
C . FVF   VS . C . F
vi NDEX .
III . Vir QVINQ
PONTEm D . S . S . F . C
EIDEm Q . PROB
CONs TAT
HS . .  ↀↀ1

Ad essa assegna una data tra il 684 e il 709 di Roma, laonde saremmo nell’epoca della repubblica. Ma quale è questo mulino dove egli ha letta tale iscrizione? Non ce lo dice.

Di più egli non precisa bene se intende parlare del ponte Tufaro, del quale ci stiamo occupando, ovvero di quello di Apollosa, intermedio tra questo e quello detto Ponte Corvo, al quale poi salta in seguito a piè pari.

La iscrizione che egli accenna in ultimo, riportata pure da Grutero2, è la seguente:

IMP. CAES. L SEPTIMIVS SEVERVS PIVS
PERTINAX PONT. MAXIMVS TRIB. POT. VI
IMP. CAES. M. AVRELIUS ANTONINVS
AVG. IMP. SEVERI AVG. FIL. TRIB. POT.
PROCOS. PONTEM VETVSTATE DILAPSVM
A SOLO SVA PECVNIA RESTITVERVNT

Questa iscrizione istessa, che il Grutero riferisce prope Beneventum in via Appia, De Vita3 e Borgia4 attribuiscono, come vedremo, al ponte Leproso; di maniera che nella incertezza non si sa a quale dei due o pure ad altro ponte attribuire, perchè, come vedremo, altri ne esistevano presso Benevento. Quindi non

  1. Queste cifre ultime indicano la spesa di 22 mila sesterzii.
  2. Pag. 1020, n. 2.
  3. Op. cit. pag. 181 in nota.
  4. Op. cit. tom. II, pag. 66, in nota.