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via appia—ponte tufaro 265

alla figura puossi scorgere a prima giunta la verità del mio asserto.

Una specialità di questo ponte son pure i cunei delle arcate, i quali, invece di esser tutti eguali da formare l’armilla egualmente larga intorno intorno, come vedremo negli altri ponti avvicinandoci a Benevento, sono di varia lunghezza, e tagliati a squadro nel capo superiore, da presentare due giunti, l’uno verticale, l’altro orizzontale, al posto della curva di estradosso; di guisa che s’innestavano ai corsi orizzontali dei timpani e dei muri di accompagnamento. Questa combinazione di bugne fu molto imitata e ripetuta dai nostri architetti del rinascimento sulle facciate di pubblici e privati edifizii.

Garrucci1, nella descrizione dell’Appia da Caudio a Benevento, forse intende parlare di questo ponte, quando dice: «Dopo che la via aveva valicato l’Isclero, che è il primo fiume ad incontrarsi da chi entra nella valle Caudina, e passato per Caudium e per le osterie di Caudio, Caudi cauponas, memorate da Orazio, girava in costa il monte Mauro2, scendendo sotto Apollosa, ove scorre il fiume Corvo, ancor povero di acqua e quasi presso la sua sorgente: ivi gittarono il ponte i duumviri di Benevento, di che ci è garante la epigrafe recata di sopra. Il ponte veduto da me è antico, ma non può dirsi di quella costruzione primitiva; e sappiamo che fu rifatto da Severo l’anno 198 per deposizione della lapide letta ivi da Ciriaco d’Ancona (Momms. op. cit. 1409), non più veduta dopo di lui, e da me inutilmente cercata. In essa è scritto che Settimio Severo e Antonino suo figlio avevano rifatto da capo il ponte caduto per vecchiezza: PONTEM VETVSTATE DILAPSVM A SOLO SVA PECVNIA RESTITVERVNT»

Pare che l’autore faccia non poca confusione: la iscrizione cui egli prima si riporta, e che dovrebbe, secondo lui, riferirsi alla primitiva costruzione di questo ponte, è la seguente3, che egli dice aver trovata «all’incile di un mulino messa capovolta

  1. Le antiche iscrizioni di Benevento, pag. 41.
  2. Vedi carta topog. Stato Maggiore 1,50000, Fol. 173. III.
  3. Op. ultima cit. pag. 37 e 28 (n. 10).