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262 | via appia |
giabile, e lo lastricò, tale essendo il più chiaro senso della espressione Appiam viam a se sic nominatam magna ex parte duris lapidibus Roma Capuam constravit di Diodoro Siciliano1; e quella: Post hunc Appius Claudius Appiam viam stravit del Giureconsulto Pomponio2. Del resto si intende bene che le vie mulattiere dovettero preesistere per gli stessi luoghi, e che le nuove non furono che una perfezione di quelle. Appio non potè prolungarla oltre Capua per la ragione che a quell’epoca i romani non estendevano il loro dominio al di là della Campania3. Non è sicura l’epoca nella quale fu prolungata da Capua a Benevento; probabilmente, però, dovette accadere non si tosto quest’ultima divenne colonia romana, il che fu nel 486 di Roma4. Garrucci5 suppone che per opera dei censori Q. Fulvio Fiacco ed A. Postumio Albino, centotrentotto anni dopo di Appio, val quanto dire nell’anno 580 di Roma, sia stata estesa tutta da Capua a Brindisi, poggiandosi sul passo di Livio6 censores vias glarea extra urbem substruendas marginandasque primi omnium locaverunt, pontesque multis locis faciendos. Ma io intendo che questo passo abbia relazione alla origine del sistema degli appalti, imperocchè forse pel passato le vie venivano costruite direttamente dallo Stato.
Non pare poi verosimile, e Garrucci non vi pose mente, che dall’anno 486, in cui Benevento divenne colonia romana, al 580 il tragitto da Capua sin qua siasi fatto per vie mulattiere. Dunque, sino a testimonianza in contrario, deve ritenersi che i romani abbiano estesa la via a misura del progredire delle colonie. E per conseguenza, se, come dice lo stesso Garrucci7, nell’anno 510 di Roma era stata già dedotta una colonia in Brindisi, in quell’epoca, o poco dopo, devette essere prolungata la via sin là. Per la qual cosa avremmo: poco dopo il 442 la costruzione da Roma a Capua, poco dopo il 486 quella da Capua a