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6 arco traiano

aggetto rilevante del cornicione, che non sarebbe giustificato senza il sostegno delle colonne, garentisca le facce verticali, ornate di sculture, dalla pioggia, e che quindi l’organesimo dell’arco meglio risponda per tal guisa al suo fine.

Anche una modesta cornice di coronamento io non saprei concepire sulla sommità dell’arco, onorario o trionfale, se fosse sorretta da pareti triturate di sculture; sembrandomi grave infrazione delle più ovvie regale di arte.

Se è vero che i Romani, a differenza dei Greci, non fecero servire le colonne che al solo scopo di decorazione, togliendo loro quello meramente di sostegno, credo per contrario che in cotali monumenti esse abbiano un fine meglio giustificato.

Io considero che la maestà, la grandiosità, la bellezza di essi siasi potuta raggiungere soltanto per via di questa combinazione architettonica. E poi aggiungo al Durand che ogni sorta di edifizii, anche trasformati attraverso i tempi, seguendo i buoni principii, conservò sempre però le tracce del primitivo organesimo. Se cosiffatti archi devono la loro origine all’innesto dei trofei, delle sculture, delle iscrizioni, all’arco, all’edifizio che da prima si conosceva e che l’ha preceduto, non v’ha maggiore giustificazione che quella di conservare loro la forma tipica elementare primitiva. La parte architettonica vi doveva avere la sua larga rappresentanza, se vi aveva conferito la maternità; a prescindere che come creazione tutta romana, va intesa nel fine e nelle forme che gli artisti romani concepirono. Dice saviamente Melani seguendo il Selvatico,1 »Gli archi di Trionfo (ei non fa la distinzione fra archi di trionfo e onorarii) vennero decorati con le maggiori pompe dell’arte, essendo riusciti, per la loro struttura, monumenti adattissimi all’ornamentazione della statuaria e dell’Architettura. Anche per questa parte l’Architetto romano aveva la formola prestabilita»

E queste parole di Melani, messe in riscontro con quello che io avevo già detto poco innanzi, mi fanno sovvenire di un’altra osservazione seria sulle parole di Durand, che quelle inutili colonne

  1. Manuali Hoepli — Architettura Italiana, Milano 1884, parte I. pag. 132.