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driano, ma le ingiurie han così danneggiato queste figure da non potersene discernere che picciola cosa.

Nella rivolta tra questo intercolunnio ultimo e lo aggetto è scolpito un signifero o vessillifero che sia, portante con la sinistra un’asta, alla cui cima è infilata una specie di corona murale, cilindrica con due fori sul convesso anteriore.

Un altro militare pedestre è scolpito quasi accosto allo spigolo interno del risalto; e finalmente appresso a lui vanno due altri cavalieri simili ai precedenti.

Rossi vede un altro vessillifero dopo di loro, ma io non vi scorgo nulla più. Soltanto si distingue alle loro spalle la faccia posteriore del tempio, nel di cui frontone è scolpita una corona di alloro.

Da questa rapida descrizione il lettore avrà desunta una nozione della importanza storica ed artistica del trionfo raffigurato nel nostro monumento. La storica è accresciuta dal silenzio o dal semplice accenno degli scrittori dell’epoca su di un avvenimento così grandioso, avendo visto che Dione, Sifilino, Marco Aurelio, Cassiodoro appena appena lo accennino, e che quest’ultimo non lasci intendere neppure a quale dei due trionfi si riferisca. Plinio Secondo fa menzione di entrambi nella citata lettera a Caninio Rufo, il quale si accingeva a scrivere in versi delle guerre di Traiano contro i Daci, ma gli scritti di costui non ci pervennero. Plinio scriveva all’amico1: «Tu fai benissimo ponendoti a scrivere la guerra Dacica; imperocchè quale materiale storico è così recente, così copioso, così vasto, più poetico infine e, mentre così vero, pur tuttavia così ricco di fatti che sanno del favoloso? Parlerai di nuovi fiumi aperti fra i campi, di nuovi ponti gittati su i fiumi, di eserciti accampati sulle balze dei monti, di un re, il quale, privo di scampo alcuno, dopo essere stato scacciato dalla reggia, fu costretto eziandio darsi la morte. E, sopra tutto ciò, i conseguiti due trionfi, l’un dei quali fu il primo riportato su gente indomita, l’altro fu l’ultimo.

E diceva bene Plinio che questi due trionfi furono il primo e l’ultimo conseguiti dai Romani sui Daci, imperciocchè

  1. Lettera IV del libro VIII.