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prefazione | xi |
V’è ancora in ogni cittaduzza l’Ispettore delle Antichità e degli Scavi… è un signore, od un povero diavolo dominato dall’ambizione; e sopra due che sanno qualcosa di Archeologia, e attendono sul serio al loro ufficio, ve ne son dieci che non sanno nulla e non fanno nulla.»
Parole d’oro, che i nostri governanti, troppo dominati dalla foga delle cricche politiche, avrebbero dovuto applicare, senza indugio, al miglioramento e riordinamento di certe barocche Commissioni, per il supremo e onesto fine dell’interesse della sorte dei nostri monumenti. Ma nè l’autorità di Boito, ne di altri sommi varrà per ora a sbarbicare un male che ha messo sì salde radici.
Ora, tutte queste cose mi si affacciarono alla mente, ogni qualvolta, aprendo un libro d’arte, invano cercai qualche notizia sui monumenti di questa illustre città, o ne trovai monche e imperfette, o ne riscontrai affatto erronee. E come di giorno in giorno io ne ammiravo sempre più i pregi e la importanza, si andò in me educando il pensiero di dirne qualche cosa.
Non devo qui trasandare di dire che parecchi scrittori patrii vanta Benevento, i quali pure se ne sono occupati; ma costoro, se ebbero largo intelletto d’erudito, non ebbero amore di artista. Per la qualcosa non riuscirono noti ed accetti che alla classe limitata dei dotti; per nulla a quella degli artisti.
Ma lo studio dei monumenti, secondo me, non va inteso compiutamente, se alla erudizione non si accoppi la critica artistica, se alla storia non si unisca un esame dell’insieme del monumento e delle sue più pregevoli