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106 | arco traiano |
scritta nel fregio: Iovi Capitolino; e lo stesso autore attesta1 che ben di rado in simiglianti opere d’arte gli scultori hanno scolpite tutte le colonne dei tempii. Allo stesso modo notasi una certa diversità tra l’arco scolpito nel nostro e quello scolpito nel monumento di Costantino. Sono diversità di particolari, cui l’artista non si atteneva con molta fedeltà.
Però, nell’insieme, han questi due quadri molta analogia. Quello di Roma è designato per l’ingresso di Traiano in quella città dopo il primo trionfo Dacico; ed io inclino a credere che lo stesso possa pensarsi del nostro.
Si sa da Dione2 che Traiano, dopo avere per alcun tempo dimorato in Roma da quando vi era pervenuto come sovrano, si affrettò a muover guerra ai Daci: Traianus autem cum Romae aliquandiu commoratus esset, in Dacos cum exercitu proficiscitur. Ed aggiunge lo stesso autore che Traiano, sottomesso Decebalo, ritornò in Italia conducendo i legati di costui, per confermare la pace dinanzi al Senato, e che per questa vittoria si ebbe il trionfo e fu appellato Dacico. Le parole dello storico son queste: «His confectis rebus, Traianus in Italiam revertitur. Tum legati Decebali intromittuntur in Senatum, depositisque armis, iunctisque manibus more servorum, pauca supplices loquuntur: dein confirmata pace arma recipiunt. Eoque facto Traianus de Dacis triumphavit, et Dacicus cognominatus est.»
È da presumersi da un lato che l’artista non abbia potuto dimenticare questo fatto solenne tra i memorabili dell’illustre Principe, e dall’altro che, volendo seguire il crescendo delle vittorie Daciche, abbia divisato di raffigurare in questo quadro la prima vittoria Dacica, e di scolpire da indi nel fregio il maestoso trionfo delle più splendide vittorie della seconda guerra contro Decebalo.
Riconfermano maggiormente la mia ipotesi l’arco di trionfo e il tempio di Giove scolpiti nel quadro, non meno che la presenza dei Senatori.
E quanto io più penso a tale ipotesi mi si affaccia alla mente