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DI LIONARDO DA VINCI. 65


XV. Solo pertanto mi resta a dire a quali danni quella pittura soggiacque, non tanto pel tempo e pel loco, quanto per ignoranza trascuratezza e malignità degli uomini. Dapprincipio fu la maraviglia di tutti, e la gloria di Lionardo. Ai tempi di Francesco I re di Francia, cioè dopo quattro lustri all’incirca, era sì bella ancora, che ei meditò di farla portare in Fran-


    d’udire ciò che gli Apostoli ebbero a dir fra loro, quando Gesù Cristo pronunciò: Colui che mette con meco la mano nel piatto questi mi tradirà. Il volto del Salvatore indica la profonda mestizia, ch’ei mostra al tempo stesso di volere per moderazione occultare. Ti par d’udire taluno degli Apostoli minacciare il traditore; un’altro promettere al Divin Maestro ajuto e difesa; questo vedi rimanere stupido all’annunzio del gran misfatto; quello vivamente affliggersene; chi cerca d’allontanare da sè il sospetto; chi l’orditura del delitto e ’l delinquente d’indagar s’ingegna: chi sta attonito, chi si mostra sdegnato, chi parla, chi interroga, e chi gli altri ascolta. Il volto di S. Pietro spira sopra ogni altro ira e vendetta, robustezza mostrando egli e vigore negli atti; e a S. Giovanni rivolto gli chiede de’ divini detti il rischiaramento. Presso a lui per contrapposto collocò l’artefice il traditor Giuda, onde meglio veggasi l’opposizione de’ sentimenti ne’ due diversi volti. Torva ispida e vile è la deformità del traditore, mentre il volto di s. Pietro è aperto, onoratezza mostrando e dignità. Vedesi Giuda ansioso e pel timore d’essere scoperto ascoltare i discorsi di Pietro e Giovanni. E ben mostrò Lionardo nel volto di Giuda quanto versato fosse nella Fisiognomica, poichè nero il pinse, irto il crine e la barba, con occhi incavati, naso simo, squallido e magro; indizj tutti d’animo maligno; laddove all’Apostolo diè pallide le labbra per lo sdegno, dilatate le narici, il naso diritto, e franco il guardo.