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DI LIONARDO DA VINCI. 11

quello per cui dimostrò una più costante inclinazione, e un’assiduità maggiore, si fu il disegno, e le arti tutte che ne dipendono. Per gli sforzi di Cimabue e di Masaccio, cominciava a risorgere allora in Italia, e specialmente in Toscana, l’arte della Pittura; e i migliori ingegni che se ne occupavano, richiamavanla alle belle forme de’ greci lavori, anzi della natura; e già scorgeasi ch’essa condur poteva alle ricchezze, e alla gloria. Ser Piero, tanto per secondare l’inclinazione del figliuolo quanto per istradarlo in un’arte onorevole e lucrosa, dopo d’essersi consigliato con messer Andrea da Verocchio, valente pittore, scultore, e architetto a que’ dì, a lui stesso diello perchè nell’arte del disegno lo istruisse. Seco il prese a discepolo messer Andrea, e poichè ne vide i maravigliosi progressi, per vieppiù animarlo allo studio e alla diligenza, mentre stava dipingendo una tavola, in cui san Giovanni battezzava il Salvatore, volle che Lionardo in quel la-


    Però che ogni diletto nostro e doglia
    Sta in sì e no, saper voler potere.
    Adunque quel sol puo che è col dovere,
    Nè trae la ragion fuor di sua soglia.
    Nè sempre è da voler quel che l’uom pote:
    Spesso par dolce quel che torna amaro,
    Piansi già quel ch’io volsi, poichè io l’ebbi.
    Adunque tu, Lettor di queste note,
    Se a te vuoi esser buono, e ad altri caro
    Vogli sempre poter quel che tu debbi.