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112 MEMORIE STORICHE

ceri, e al libertinaggio, per cui avrebbegli somministrata ogni opportunità e ogni mezzo la sua vivacità, la sua figura, i suoi comodi (giacchè quasi sempre ebbe buone provigioni, e molto guadagnò co’ suoi lavori) e soprattutto l’esempio d’una corte libertina, egli ne avrebbe lasciato delle tracce ne’ suoi scritti, nei quali abbiamo non infrequenti precetti d’ottima morale1, e più ancora ne’ suoi disegni: ma non sappiamo di lui che altra nudità abbia dipinta fuor d’una Leda, rammentata dal Lomazzo, che pur dipinse cogli occhi per vergogna abbassati2; e taluni hanno poi creduto di scorgere un gruppo lascivo nel piccolo schizzo copiato dal Gerli nella Tavola XXI.3.

In Amboise, o Ambrosia, come la chiama Francesco Melzo, ai 18 d’aprile del 1518, cioè un anno prima della sua morte egli fece il suo testamento, che quì intero


  1. Vedi suo Sonetto pag. 18.
  2. Tratt. dell’Arte della Pittura Lib. II. c. 15.
  3. Presso il C. Sannazzari v’è una piccola Venere ignuda a Lionardo attribuita, e trovo nelle note inedite del De Pagave, che alcuni disegni in grande di donne e divinità ignude, come di Proserpina rapita da Plutone, di Ninfa che medica un Satiro, di Giovinetta in braccio ad un Vecchio, forse l’Aurora con Titone ec., possedeva il march. questore Melzi, che per iscrupolo dielle al curato di S. Bartolomeo acciò le abbruciasse, e questi n’eseguì troppo scrupolosamente la volontà.