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convulsa ed invidiata loro potenza, sotto la nuova dinastia Borromeo ebbe almeno un governo più regolato, e potè sistemare una più soda interna amministrazione. È da notarsi, che quand’anche coll’investitura feudale sia stata ceduta al nuovo signore cogli altri diritti anche la privativa dei dazii e regalìe, si continuò tuttavia dagli arcivescovi di Milano ad esigere un certo dazio della mensa, come porzione dei dazii del Verbano, stato nell’anno 1559 dall’arcivescovo di Milano Giovanni II Visconte stralciata ed aggregata ai redditi di quella mensa arcivescovile. L’altra porzione veniva esatta dai Borromei sulla base del dato ossia tariffa dei dazii di Arona del giorno primo di febbrajo 1418 intitolata: Datum datiorum terre Arona ut infra continue de capitulo in capitolum; e altra dagli stessi Visconti chiamata datium Cicognola, che si esigeva in Cicognola, piccola frazione di Castelletto sopra Ticino; quindi si smentisce l’errore di quelli che hanno creduto che le suddette tre separate esigenze fossero tre diversi dazii, quando in realtà non sono che tre rami formanti l’integrità dell’antico primordiale dazio Visconti: che poi col tratto suecessivo quel ramo che spettava alla mensa siasi diminuito, e quello de’ Borromei aumentato, sembra che ciò si debba piuttosto attribuire alla maggiore o minore attività di chi vegliò all’esercizio di tali diritti, che a difetto di identità di ragioni.

Dal punto dell’infeudazione li Borromei possedettero Arona ed il Castello, e lo abitavano interpolatamente in persona, o per mezzo dei castellani da essi nominati, i quali prestavano a loro mani il giuramento di tenerlo fedelmente in loro nome, e dei rispettivi regnanti. Da questo tempo si ripete la formazione della compagnia dei