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eamque multo quam antea fedius lacerarunt 1. In seguito poi e nel 1249 i Milanesi fazionarii, ai quali si erano ribellati i Pavesi, presero questo castello tenuto da Guidon Cane, partitante dei Pavesi, come ne riferisce la storia milanese del Bugatti al libro 4, ove dice: « Erano però in questi tempi i Milanesi in arme ne’ confini loro, avendo preso il castello d’Arona sopra il lago Maggiore, come fortezza e frontiera dello stato, che era tenuto da Guidon Cane, e ruinato Lecco.» Ed il Sigonio al proposito scrive sotto l’anno suddetto: Mediolanenses Aronam arcem utilem, atque opportunam rebus suis futuram Guidoni Canio Federici socio eripuere; e come lo attesta anche Galvagno Fiamma nel suo Manipulum florum; ma furono ancora continuati per gli Aronesi i disaggi a cagione delle dominanti fazioni. Liberati i Milanesi dall’invasione degl’imperiali, per effetto massime dell’aiuto che loro veniva somministrato dai signori Della Torre, continuavano tranquillamente nel possesso del loro castello, il quale verso la metà del secolo XIII veniva occupato da Ottone Visconti, arcidiacono del Capitolo ambrosiano, per il fatto che andiamo narrando.

Signoreggiava allora in Milano, col titolo di anziano della credenza, Martino Della Torre il quale intendeva portare alla sede arcivescovile vacante sino dall’anno 1257 il suo zio Raimondo Della Torre accetto ai popolari come Torriano. Per lo contrario i nobili volevano per arcivescovo Francesco da Settala. Il Sommo Pontefice profittando di questa divisione, desiderando di neutralizzare l’influenza dei Torriani, mandò a Milano in qualità di

  1. Carlo Sigonio: De regno Italico, lib XVI, ad num. 1216, tom. 11.