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proprietà del. torrente Vevera, che vi scorre nel mezzo, e sin dove si estendesse il territorio di Mercurago: . . . quod medietas fluminis Vevrœ domini. Archiepiscopi est; et quod territorium de Mercuriaco usque ad flumen extenditur.....

Ai nostri giorni parrà un sogno; che nei succitati tempi esistessero nobili famiglie in Mercurago, ed avessero un loro console particolare, ed un altro ne avesse pure il popolo, essendo oggidì quel paese composto di pochi casolari abitati da contadini, senza più alcuna traccia di qualche edificio antico ove abitassero i detti nobili. V’ha però una regione elevata del paese, che chiamasi ancora in Castello, e qualche diroccato vetusto muro, che indica esservi stata di fatto costretta una qualche linea di riparo o di fortezza; e se, come io non dubito, sia esistito qualche castello, convien dire che fosse ben antico, e lo sono per credere contemporaneo agli anni della lapide che si è rinvenuta presso la chiesa parrocchiale di detto luogo, riferita nel primo libro.

All’abbate Girardo successe Ariberto. Gli atti di questo abbate principiano alli 24 di giugno dell’anno 1198, e sono rimarchevoli. Alli 25 di marzo del 1205 chiamò in giudizio avanti i consoli ed il podestà di Novara alcuni del luogo di Marzalesco, che avevano invasa una possessione del monastero, e li ottenne condannati a rilasciarla, e nelle spese ed emenda. Era insorta una controversia tra la città di Novara ed Ariberto, perchè questi aveva comperato dal conte Guidone di Biandrate varii poderi, i quali per una disposizione dello statuto di quella città, prescrivente che niuno soggetto alla giurisdizione di Novara potesse alienare possessione qualunque a chi fosse di altro distretto, dovevano appartenere al comune di Novara,