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e del suo castello - libro nono 229

tutta gente timorosa, inesperta al maneggio dell’armi, male armata e peggio diretta, cui sarebbe bastato il vedere un pericolo della vita coll’avanzarsi, per restare avviliti e darsi a precipitosa fuga. Nessuno sapeva positivamente la loro intenzione, potevano anche non contentarsi soltanto delle carte de’ pubblici uffici, del sale e tabacco della dispensa; potevano metter mano anche alle proprietà dei cittadini. Ed infatti non omisero per riescire di suonare a stormo onde sollevare il paese a loro favore, e vi sarebbero forse riesciti se l’autorità, il credito e le preghiere dell'arciprete non li avesse persuasi a desistere. Nei casi di invasione di tali attruppamenti è sempre buon consiglio il pensare che ne possa avvenire la peggio; se ne avviene di meno è un dono. Meritano qualche scusa gli Aronesi in questo loro fallo per non essere stati assistiti in quel punto da alcun corpo di truppa, che fatalmente in quella giornata non ve n’era davvero; ma l’amor di patria, l’onor proprio, l’interesse delle sostanze dovevano in tale frangente fare uno sforzo, resistere, e difendersi da chi insidiava alla pubblica tranquillità. È non di meno lodabile per altra parte il contegno degli Aronesi per non essersi alcun di loro immischiato nella rapina e nel guasto. Non mancano mai coloro che approffittando dei torbidi, s’immergono nelle scelleratezze e nei tumulti per manomettere le proprietà degli stessi concittadini! Conchiuderò che fu un prodigio l’essere i faziosi sortiti immuni da un tanto scompiglio più per effetto di imprevidenza degli assaliti, che pei loro meriti. Guai se la potenza in odio di cui si sono commesse tali enormità fosse giunta a riprendere le sue forze!

Intanto chi più di tutti ebbe a soffrire per tale evento