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e venuto il governo a più serii pensieri di stato, dimenticò per dire così, questo trattato, e col cambiarsi del governo stesso il monastero sussistette nella piena sua integrità.

I tempi di cui ragioniamo non erano por l’Italia meno scevri di timori, e di tribolazioni di quello che lo siano stato gli antecedenti, benché il governo con opere pubbliche e con carezze ai popoli procurasse di mantenersi in riputazione. La guerra colla Prussia poco fa cessata, quella vertente colla Spagna, le rotte colla Santa Sede e coll’Inghilterra, davano di che pensare al governo, e di che temere alle popolazioni. L’Austria depressa dalla precedente guerra stava in continuo agguato per irrompere e rifarsi dei danni sofferti, e credette opportunissimi questi momenti. Irruppe infatti con formidabili forze sino sui limitari dell’Italia; ma il nome, l’opera e l’audacia di chi l’aveva poco prima soggiogata, seppero validamente difenderla. L’Italia per questi moti se non provò le sciagure della guerra che si combatteva lungi da lei, sentì bene per riverbero le solite conseguenze, cioè forzate requisizioni d’uomini, di vettovaglie, e le gravose imposte per sostenerla, essendosi inoltre approvvisionate a tutto ponto le piazze forti del regno. Arona venne quotata per molta quantità di fieno e carbone, che fece trasportare a Mantova. Passarono nel suo seno più di ventimila armati in poco tempo; e non ebbe tregua che al pubblicarsi della pace fatta coll’Austria, in dipendenza della quale fu conchiuso il trattato di matrimonio dell’imperatore Bonaparte colla arciduchessa d’Austria Maria Luigia. Furono ordinate al solito solenni preci in rendimento di grazie; nè fia inutile il riportare l’epigrafe in quell’epoca apposta alla porta del maggior tempio di Arona nel mentre che tutto il popolo