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proprietario lo furono pochissimo, base la più inesatta, che lasciò un universale malcontento ed un aggravio sproporzionato fra le grandi e le piccole abitazioni.

Passò pertanto quest’anno 1801 fra le contentezze del nuovo ordine di cose, fra i dispiaceri delle narrate privazioni ed aggravii, anno veramente memorabile per tante vicissitudini, e per le eccessive pioggie ed inondazioni che devastarono terreni e strade, e per le scarsità del vino, non essendovi memoria che questo genere di buona qualità siasi pagato in questo paese, in cui per lo più vi abbondi, sino a cento lire di Milano in argento per brenta di boccali 64 da once 52 ciascuno, ordinaria misura del paese; e ciò ad onta che si fosse introdotto dall’estero grande quantità di vino detto di Francia, ma che era in realtà per lo più artefatto, e nocivo alla salute.

I successivi anni 1802 e 1803 camminarono pressoché sull’egual piede del precedente. In ciascuno di questi anni però il municipio ebbe a provare delle considerevoli perdite nel suo patrimonio. Nel mese di aprile 1802 la nazione in virtù della legge 20 fiorile anno sesto, che prescriveva l’avvocazione di tutte le regalie, apprese anche il diritto così detto del terraggio, quello del bollo, dei pesi e delle misure, e della fabbricazione del pane di frumento, che da immemorabile tempo gli competevano. Nel successivo anno 1803 la nazione stessa, in forza di decreto del vice-presidente della repubblica delli 5 di gennaio, prese il possesso degli spalti, fôssi e Rocca malgrado il rescritto emanato a favore del municipio di Arona dal governo Cisalpino delli 9 gennaio 1804, con cui gliene era stata ceduta la proprietà, ed in forza di che il municipio stesso ne aveva eseguite le vendite a pubblici incanti. Questi beni