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cappella dal pennello del Caldelli, di Bissago, e la decorò di una tela dipinta da Andrea Appiani milanese, rappresentante il medesimo titolo. Non so però se la rimozione di dette statue, e l’avere cancellate le antiche pitture che esistevano sul muro, fatte le une e le altre dalla celebre mano di Gaudenzio Ferrari di Valduggia, che a mio credere saranno stato un monumento prezioso, debba lodarsi anzi che no, e se possano equivalere le opere sostituite dal Rossoli.

È legge, di prudenza l’andare ben cauti nel togliere ciò di cui non si conosce il valore (volendo io credere che la prima opera non sia stata conosciuta) o che anche conosciuto non si creda potersi paragonare ad opere nuove, il cui pregio non sia ancora ben stabilito. Il tempo fa poi conoscere l’errore, e non potendosi più riparare rimane sempre vivo il dispiacere di averlo commesso. Fece in seguito questo buon canonico ristaurare a sue spese la cappella della Beata Vergine Addolorata avendone inchiuso il quadro in un’ancona di marmo e fatti indorare a fino li fregi e le cornici: nè contento di avere fatto tante altre elargizioni a questa chiesa, a cui pare avesse avuto una particolare dilezione, la instituì erede della sua sostanza unitamente all’ospitale della Ss. Trinità in eguali parti, e prelegò, alla prima un fondo denominato alla Ferrera ed un bosco a san Carlo in questo territorio acciocché col loro reddito si procurasse il decoro dei sacri arredi della stessa chiesa, specialmente dell’altare maggiore. Legò un capitale di lire duemille di Milano, ed un censo di lire cento cinquanta simili per la celebrazione dell’ultima messa nei giorni festivi con un onorario al sacerdote che celebra la prima messa per tempo. Legò pure un altro