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che seco apportò leggi, sistemi ed abitudini differenti da quelle colle quali da’più remoti secoli erano tanto Arona, quanto le cedute provincie abituate; e desterà maggiore maraviglia l’udire come in meno di un mezzo secolo questo paese abbia perduto le principali sue prerogative, per le quali nei tempi addietro aveva sopra gli altri del Verbano tanto figurato. Come quella fortezza che seppe resistere a tanti nemici, a tanti secoli, a tanti rovesci, abbia dovuto vedersi ridotta allo stato suo primiero di nuda rupe, e nulla più ; come le belle opere del sagro Monte, lasciate esposte all’ingiuria dei tempi, siano per la trascuratezza degli uomini miseramente perite ; come vane siansi rese le premure di chi diede vita alle religiose corporazioni, perchè queste abolite, e persino distrutti i loro sacri asili; e come ad onta di tutte queste privazioni abbia per l’indole attiva degli abitanti potuto il paese non sólo acquistare in ragione numerica sulla popolazione, ma anche rimettersi in migliore condizione nel fabbricato, nella salubrità, arricchirsi nel commercio, ed avanzare nella civilizzazione.

Dovendo ragionare di tempi a noi più vicini, le di cui memorie sono più recenti e non meno importanti delle già narrate, ci sarà forse meno difficile di conservare l’ordine cronologico e la concatenazione degli eventi, ciò che non ci fu dato di fare nei precedenti libri per l’oscurità dei tempi, e per l’incuria degli scrittori contemporanei.

Quésto notabile cambiamento nella fisica e morale situazione di Arona era ne’fati riservato all’anno 1744 in virtù del trattato conchiuso in Worms alli 15 di settembre del precedente anno, per disposizione del quale essendo state cedute alla maestà del re di Sardegna Carlo Emanuele III