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si trovavano a Roma, e ciò in segno di attaccamento alla città in cui ebbero i loro natali. Sono scolpite su questa lapide due armi gentilizie dei Calagrani, che inquartano nel 1° e nel 4° di rosso ad una stella a lunghi raggi d’oro, nel 2° e 3° d’argento a tre spiche di grano sopra una pianura verde: col capo dell’impero, cioè d’oro ad un’aquila nera.
L’iscrizione parla d’un altr’arma del papa Innocenzo che più non si vede.
Sembra che si possa leggere così l’iscrizione:
Annis millenis quatricentis octoque genis
Ternariisque tribus sanctus fuit hic Jubileus
A pena et culpa: sedente in Papa Nocenti
Arma suprema Papae. Dextris stant arma Hieromi:
Sunt Guglielmini quae sunt a parte sinistra
De Calagranis quos longum ducat in aevum.
Minister templi factus frater Garassinus.
Questa lapide trovata nel forte fa supporre che siano questi due fratelli nati lassù mentre il loro genitore conte Palatino sarà stato impiegato nel presidio di quella piazza.(A.B.) 1.
3. Raffaele Ceva figliuolo di Giovanni dei Marchesi di Ceva, e consignore di Priero e Montezemolo ex Francescano,
- ↑ Ad onore di questo santo Pontefice di Mondovì fu coniata una medaglia, prima però che fosse vescovo: essa è di bronzo: vi è il busto vestito e pileato colla seguente leggenda attorno:
- Hieronimus Calagranus de Ceva.
- Hieronimus Calagranus de Ceva.
La suddetta medaglia è conservata nel ricco medagliere del Re e che ha veduta il T. Bosio per cortesia del gentilissimo custode cav. Domenico Promis.
A questa famiglia appartenne, e forse fu sorella o zia del vescovo Gerolamo la Calagrani Isabella di Ceva figlia di Mastro Andrea che si fa monaca ai 4 febbraio del 1461, come si ha dal Barone Giuseppe Vernazza nella sua operetta intitolata: Monache di S. Chiara in Alba nei due primi secoli del monistero, cioè dal 1277 al 1461. Vercelli 1782, Tipografia Patria, in-8.