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il Vescovo gli ordini del Sommo Pontefice obbligò il marchese Guglielmo ad edificare un Ospedale coll’assegnamento d’un reddito sufficiente per le manutenzioni di dodici poveri infermi, ed un sacerdote che la facesse da Cappellano.

Osserva giudiziosamente l’illustre scrittore delle famiglie nobili non doversi da ciò dedurre che il marchese Guglielmo fosse reo di gravi scandali e di enormi delitti da provocare una provvidenza dal Sommo Pontefice, ma che la chiedesse egli stesso per ispirito di religione.

La morte intanto non permise al penitente Marchese di dar compimento al già intrapreso Ospedale.

I suoi figli ed eredi ricorsero al Papa Onorio III, per ottenere la commutazione della penitenza imposta al loro genitore in altr’opera pia e soddisfattoria.

Onorio incaricò il vescovo d’Alba, e quello d’Asti di dispensare i ricorrenti dall’adempimento della penitenza suddetta con che somministrassero ogni anno venti moggie di frumento ai Certosini di Casotto, ordinando a questi di pregar sovente per l’anima del marchese Guglielmo, e dei suoi figli.

Nel 1517 s’accesero tra i marchesi di Lesegno, consignori di Roascio, Torricella, Priola, Chiusa, Ormea, Bastia, Boves, Cigliè, Pamparato, Lisio, Viola e Mongrosso, sì tremende discordie che cinque di loro furono sacrificati all’ira dei litiganti.

Le vittime furono Paolo Amedeo e Marco Antonio, suo figlio, Cristoforo con Gilardino suo figlio, ed Antonio figlio di Ottino; furono autori di questa strage Aimone Gio. Giacomo, Galleotto ed Antonio, tutti della famiglia Ceva Lesegno. La causa di tanto furore non è conosciuta. Si lanciò il bando contro i barbari fratricidi, si diedero essi a precipitosa fuga e furono confiscati i loro beni.

Nella discendenza dei Marchesi Ceva, signori di Priero, Sale e Castellino s’incontrano pessimi caratteri ed esecrandi delitti. Un nome da condannarsi a perpetua infamia si è quello