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fascie d’oro e le tre nere, che si dicono essere state l’antiche armi dei duchi di Sassonia (e che sono tuttora quelle della famiglia Ceva e della città capo del marchesato), quello poi di Clavesana scelse il campo d’oro col capo d’azzurro poco dissimile da quello dei marchesi di Saluzzo.

Il marchesato di Ceva non tardò a dividersi in molti membri, avendo il marchese Guglielmo lasciati morendo nove o dieci figli maschi, che tutti pretendevano il titolo di marchese. Fiorirono è vero molti personaggi distinti in questo casato, (come si vedrà parlando degli uomini illustri di Ceva), ma per le moltiplicate divisioni del primo patrimonio, per la variazione delle cose del mondo e per le continue guerre che funestarono questi paesi la famiglia Ceva decadde d’assai dal primiero splendore.

« Cagione potentissima di tal caduta, dice il Della Chiesa, ne furono parimenti le civili dissensioni e le domestiche contese. Pretendevano i primogeniti d’aver superiorità sui fratelli minori, contendevano questi agli attentati contrarii, con dire che uguagliandosi fra loro la porzione dei feudi doveva rimanere in equilibrio la libertà e la giurisdizione, in maniera che dalle parole venendo all’armi, si occasionarono il precipizio. Guglielmo (III) uno dei figli di Guglielmo II, signore di Lesegno e di Priola inimicatosi per questi motivi col marchese Nano suo nipote figliuolo di Giorgio I suo fratello primogenito, unitosi ai marchesi di Clavesana, con i signori d’Ormea, di Nuceto, Battifollo, Monasterolo, Scagnello, Massimino, Cosio e Pornasio tutti suoi parenti di genio parimente implacabile contro lo stesso Nano, si ridusse ad abitare nella nuova città di Mondovì ad oggetto di potere con più unita voglia molestar l’emulo » 1.

Il povero Giorgio Nano, quantunque sia dalli storici riconosciuto per il più saggio e valoroso fra i marchesi di

  1. Corona Reale, parte seconda, p. 156.