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del governo di Francia di annegarlo. Rispose negando. Posto il piede a terra il serrava nell’apprestate carrozze in Genova, pena di morte ai postiglioni se non galoppassero. Sostossi in Alessandria, come in luogo sicuro per le soldatesche, a desinare. Poi traversossi il Piemonte con velocità di volo; a S. Ambrogio di Susa, il carceratore apprestava i cavalli per partire con maggior celerità che non era venuto. Lasso dall’età, dagli affanni, dal viaggio, l’addomandava il Pontefice, se Napoleone il voleva vivo o morto; vivo, rispose. Dunque starommi questa notte in S. Ambrogio. Varcato il Moncenisio, e traversata la Savoia, fu lasciato il Papa fermarsi qualche giorno in Grenoble. Come se altra strada non vi fosse, fu fatto passare a Valenza di Delfinato, stanza di morte di Pio VI; atto tanto più incivile quanto non necessario.» Per Avignone, per Aix, per Nizza di Provenza e Cuneo, giunse a Mondovì, alle ore 6 pomeridiane di domenica 13 agosto 1809, prese alloggio in casa Germagnano, e passò in quella città la festa dell’Assunta. Celebrò nella cattedrale la S. Messa, vestito delle paramenta che ivi lasciò S. Pio V, e la mattina dei 16 agosto, partì per Ceva, in una sedia gestatoria non essendovi ancora strade carrozzabili.
Alle ore 11 di mattina dello stesso giorno, arrivò in Ceva accompagnato dal prelato Doria e dalla gendarmeria capitanata da Boissard uomo di duri modi e di niun risguardo per la sacra persona che accompagnava.
Il signor avv. Antonino Morretti presidente del tribunale di prima istanza l’accolse nel suo palazzo, e nulla risparmiò per onorare in ogni maniera l’ospite illustre e sventurato.
Ricevette il S. Padre al bacio del piede, l’arciprete e canonici della Collegiata, le autorità tutte del paese e i più distinti cittadini.
Al pranzo apprestatogli mangiò non altro che due uova al guscio, un po’ di zuppa, e un tantino di trotta; così disse un antico servo di casa Greborio che lo serviva. Ogni qualvolta s’accostava questi al papa faceva genuflessione. Il papa