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CAPO LXIII.


Distruzione del forte.


La sorte della fortezza di Ceva che per oltre due secoli resistette agli attacchi di nemiche falangi, che cadde nelle mani dei francesi in forza di un trattato, e che loro fu tolta dall’eroismo d’una forza armata, decidere si dovea sui campi di Marengo.

La gran battaglia dei 14 giugno 1800, combattuta colà con tanto valore dalle due armate francese e tedesca, comandata la prima da Napoleone Bonaparte, e la seconda da Melas, fu la più gloriosa per Napoleone che ne uscì vincitore mercè i prodigi di valore specialmente di Dessaix e di Kellermann, e la più influente sui destini d’Europa.

Dovette il generale austriaco scendere a patti poco onorevoli col vincitore, quantunque le restassero ancora forze bastanti a resistere lungo tempo nel forte sito in cui si era riparato.

Fra le condizioni di tregua dettate da Napoleone si conteneva quella di doversi consegnare alla repubblica francese la fortezza di Tortona, di Alessandria, di Milano, di Torino, di Pizzighettone, d’Arona, di Piacenza, la città di Cuneo, i forti di Ceva e di Savona, Genova ed il forte Urbano.

« Questa vittoria francese, dice il Botta, distrusse i frutti di venti vittorie tedesche e russe; morirono (in questa memoranda giornata) degl’imperiali meglio di quattromila soldati, tutti forti e veterani, che avevano veduto le guerre