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non poca moneta, tanto erano gli animi inferociti dallo spirito di parte.

Passò in questi giorni con meraviglia dei cittadini il priore D. Bocca cancelliere della curia d’Alba arrestato come democratico dai contadini di Gottasecca, e condotto a Mondovì.

Una miseranda sorte toccò pure, quantunque per cause diverse, a D. Abbene Felice da Lesegno: ucciso e nascosto in un forno si rinvenne li 10 marzo 1801 (dagli atti di morte di Lesegno), ed a D. Uberti di Battifollo che venne fucilato sulla piazza d’arme di Mondovì, e di tanti altri di cui non occorre fare qui menzione.

Questi terribili esempii devono render convinti i sacerdoti che sono essi ministri del Dio della pace, e che troppo disdice al loro carattere il prender parte attiva nei politici sconvolgimenti.

Nel mese di ottobre si fecero dai francesi gli ultimi sforzi per impadronirsi di Ceva, ma furono valorosamente respinti.

Raccolsero quanta soldatesca poterono sulla sponda sinistra del Tanaro coll’intento di forzar la porta del Broglio o del ponte della Cattalana.

Il comandante della fortezza che ne osservava i movimenti ordinò trincieramenti in città che si eseguirono con mirabile sollecitudine, fece abbarrare ben bene le porte, ed animò i cittadini con apposito proclama a difendere coraggiosamente la loro città. Fra i più solleciti ed ardimentosi difensori hassi a fare onorevole menzione di Gioanni Penna, Gioanni Batt. Davico, Stefano Franco, Giuseppe Calvo e Filippo Pennacino cittadini tutti di Ceva.

Il castello Pallavicini fu occupato dai soldati e miliziotti, i quali verso le ore tre pomeridiane del quattordici ottobre diedero principio ad una forte moschetteria che durò sino a sera con grave danno del nemico.

Dalla fortezza si venne in soccorso dei trincierati in castello col trasporto d’una coluvrina che appostata in luogo ben adatto, tempestò terribilmente con mitraglia i repub-