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vagar per la campagna contadini armati. Ne avvertì il comandante, e sulle voci che andavano spargendosi che si voleva assassinare la legione di Ferrara, si pensò di trattenerla in Ceva ancora per alcuni giorni.

La mattina del 2 luglio si fece partire per Savona colla precauzione di aumentare la scorta di un certo numero di miliziotti. Giunta nella stretta valle di Cevetta, non lungi dalla salita di Montezemolo viene aggredita da un numero sterminato d’uomini armati che prendendola fra due fuochi ne fecero orrenda strage. I soldati di scorta in vista di tanti aggressori che si fanno ascendere a duemila circa, non fecero la menoma resistenza. I francesi disarmati nulla potevano opporre al fuoco degli assassini. Molti furono uccisi, molti feriti e tutti spogliati. Venivano strappati alle donne dei militari la collana dal collo, gli orecchini dalle orecchie e gli anelli dalle dita, ed alcune d’esse già avanzate nella gravidanza furono barbaramente passate da parte a parte.

Consumato l’assassinio, quanti restarono della miseranda legione continuarono la strada per Savona, i feriti furono condotti a Priero ed a Ceva, ed i morti sepolti in quella valle d’infausta memoria.

Fra questi feroci aggressori si contavano alcuni Ferraresi, che seguitarono la legione, molti dei paesi delle Langhe, alcuni di Mondovì, ed alcuni pochi di Ceva.

Si misero tosto in vendita gli orologi, le vestimenta, gli ornamenti muliebri, il che fu causa del nome della fiera di Priero.

Alcuni di questi sciagurati furono colti in Savona col corpo del delitto addosso ed impiccati, si instituì contro gli altri un processo, che per lo sconvolgimento delle cose si dovette troncare.

Sulla fronte però di tutti i complici di questo misfatto restò impresso un tal marchio d’infamia che erano guardati con ribrezzo dai loro compaesani, ed era un brutto elogio il sentirsi dire che erano della fiera di Priero. Il rimorso di