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mondo. Ricche provincie, grandi città, verranno in poter nostro, e là avrete ricchezze, onore e gloria. Soldati d’Italia mancherete voi di coraggio?»

Un vivo entusiasmo si destò a cotali parole e ritornò la speranza all’esercito.

Il giorno 10 aprile il centro dell’esercito nemico capitanato dal generale Argentau, erasi posto rimpetto ai fortini di Monte Legino difesi dal generale Rampon, per investirli l’indomani. Beaulieu era andato alla volta di Genova con animo di assalire la divisione Laharpe a Voltri.

Nella notte del 10 all’11 le schiere francesi fecero grandi mosse. La divisione Laharpe giunse in sul far del dì ove era il generale Rampon; Bonaparte valicando colle divisioni Augereau sboccò dietro Montenotte e per sì fatto modo il centro dell’esercito nemico si trovò attorniato; assalito prestamente di fronte dai generali Rampon, Laharpe e Massena, e Augerau alle spalle ed ai fianchi essa venne intieramente sconfitta.

Vinta la battaglia di Montenotte riuscì pure Bonaparte vincitore di quella di Millesimo li 14, e di Dego li 16 aprile1.

Giunto Bonaparte sulle alture di Montezemolo, che Augereau aveva preso il dì medesimo, e che Serrurier aveva costretto Colli ad evacuare il campo trincierato di Ceva, additò di là al suo esercito le cime orgogliose che la neve mostrava da lontano, e che si levavano in apparenza di cascate magnifiche di ghiaccio sopra le ricche pianure del Piemonte. Annibale, diss’egli ai suoi soldati fermando i suoi

  1. Erano per tal guisa ordinati i confederati che la loro ala sinistra partendo dalla Scrivia nelle vicinanze di Serravalle, si distendeva sino alla destra sponda della Bormida. Quivi cominciava ad avere le stanze il corno sinistro del Piemonte che traversando quelle montagne si prolungava sino alla Stura con assicurare Ceva e Mondovì con grossi presidii, e con appoggiarsi coll’estremità del corno destro alla forte città di Cuneo. Botta, Storia d’Italia.