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quanto aveva predetto, dal già senatore Bernardo Sillano, e dal già Valletto della camera di S. A. R. Giovanni Antonio Gioia, quali diceva aver più volte passati seco discorsi circa i modi coi quali si fosse potuto levar occultamente di vita il Duca, al qual fine avevano concertato di servirsi di incantesimi nei quali tra gli altri ingredienti dovea adoperarsi un’immagine di cera con una spina di certo pesce, che Andrea Masino Nizzardo si era incaricato di far loro avere. Di questi tre complici da lui indicati; il Sillano dopo aver negato il tutto, sopraffatto dall’età, dalla debolezza contratta per una lunga indisposizione, e dalla malinconia, spirò senz’altra violenza l’anima in prigione, il Gioia avendo ne’ tormenti confirmato il delitto appostogli, fu condannato per crime di lesa Maestà in primo capo, la qual sentenza fu eseguita sì contro lui, che qualche tempo dopo contro il Gandolfo, quantunque per essere ecclesiastico vi si frapponessero varii intoppi.» (a detta del Guichenon fu strangolato in prigione dopo aver confessato che tutto quanto aveva detto era vero).

Ai tempi del barone Vernazza, il capo del D. Gandolfo serbavasi ancor esposto in una nicchia praticata nel pilastro delle forche innalzato fuori porta Palazzo in Torino.

Davide Bertolotti illustre autore della storia di Casa Savoia stampata in Torino nel 1830 a pag. 134, del 2° vol., così parla di questa trama infernale.

«Era destino che la reggenza di Madama Reale dovesse correre tutta quanta fra pericoli, angosce e disastri.

Un frate entusiastico e visionario che facea pubblicamente professione d’astronomia e d’astrologia, e segretamente di fattucchieria, ordì una congiura contro al giovine Duca. Essa venne scoperta e giustiziati ne furono i complici.

La voce popolare, dice il Saluzzo, accusava Gandolfo e i suoi complici dell’aver tentato di far perire il Duca con sortilegi e malie, e conficcando spilletti ed aghi nel busto