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si dovessero distribuire ai poveri nel giorno di Pentecoste, absque spe aliquid recipiendi per eos.
Addì 9 giugno 1589, si congregarono nanti il podestà Bernardino Giogia, 35 capi di casa di questo borgo e con istromento rogato Gio. Angiolo Notaio ducale di Ceva, deliberarono d’impiegar tutti i redditi della Confreria dello Spirito Santo in maritar le povere figlie di detto borgo «alle quali, e ognuna d’esse se ne distribuiranno gradatamente secondo che s’andranno maritando lire duecentocinquanta per caduna, dichiarando, che in tali redditi non vi abbino a partecipare salvo dalla casa di Luigi Matteo Arino in giù, sino alle porte di detto borgo dell’Arenata e Cattalana, solamente tutti coloro che vi avranno habitabil casa, sebbene non vi habbitano, et quelli i quali vi saranno stati, et habitati in casa loro propria quattro anni passati al tempo che intenderanno golder di tali ellemosine e redditi, volendo anche che li nativi, et fin adesso partecipanti in detta confratria di detto borgo ancorchè non vi havessero case, men persone che in esse habitino, dichiarando anche che li cappi delle case state rovinate dal diluvio non habitandovi goldino di tale elemosine, e redditi, sua vita durante solamente.»
Con istrumento delli 29 maggio 1621, la città di Ceva e per essa il signor Sindaco Francesco Dalmazzone si dichiarò debitrice a questa Confreria di 54 ducatoni, di 335 talleri a fiorini dieci l’uno, di fiorini sei, e di scuti novecento ottantatre ragguagliati a fiorini otto l’uno e grossi dodeci, e si obbligò di pagarne l’interesse al sei per cento.
Addì sei decembre 1739, si obbligò la città a pagar gl’interessi dei suddetti capitali, da impiegarsi nel fare uno stipendio ad un medico e ad un chirurgo che servissero gli ammalati abitanti nei borgo sottano, e si distribuissero doti alle figlie, nate in casa propria, di lire dieci caduna.
Al giorno d’oggi la civica amministrazione paga a questa Cappella un’annualità di lire centotre centesimi trenta che