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Piemonte e viceversa, il che fa sì che trovasi abbondantemente provvista di quanto è necessario al vitto ed all’ornamento della persona. L’aria vi è sana, i circostanti colli abbondano di frutti, un’alta rupe dalla parte di settentrione, la difende dall’eccessivo rigore invernale, in modo che sembra che la natura abbia provvisto per ogni verso alla salute e ben essere de’ cittadini Cevesi.»

Li 2 febbraio 1623, Vittorio Amedeo I, separò il marchesato di Ceva dalla provincia di Mondovì, e v’instituì un giudice d’Appello.

Carlo Emanuele II, decorò Ceva del titolo di Città, e con sue patenti 15 gennaio, 20 luglio 1650, 6 gennaio e 27 maggio 1651, ed altre del 22 maggio 1658, la eresse in capo di provincia, e godette di questo privilegio sino al 1722 1.

Da uno stato spedito il 22 luglio 1699 dal ministro Gropello al conte Lamberti di Mondovì, che trovasi a mie mani risulta che appartenevano alla provincia di Ceva 41 comuni, cioè Belvedere, Battifollo, Bonvicino, Castelnuovo, Castellino, Igliano, Cigliero, Clavesana, Cortemiglia, Castelletto d’Ussone, Camerana, Garessio, Gorrino, Gottasecca, Torre, Lesegno, Lisio, Montezemolo, Malpotremo, Marsaglia, Murassano, Murialdo, Mombasiglio, Monasterolo, Niella, Nuceto, Ormea, Perletto, Paroldo, Pamparato, Perlo, Priero, Priola, Roasio, S. Michele, S. Giulia, Sale, Scagnello, Torre di Bormida, Torre d’Ussone, Torricella e Viola.

L’antica Ceva era cinta dalle mura e chiusa da otto porte. La prima era quella del Tanaro, per cui si andava a Mondovì, passando su di un lungo ponte in pietra di cui rimangono ancora alcuni archi su d’un dei quali s’innalza

  1. Nel mentre che Ceva era capo provincia, si serviva d’un bollo di forma ovale e bislungo in cui vi era rappresentato un Cavaliere che correa a spron battuto con a destra l’arma di Ceva, a sinistra l’arma di Casa Savoia, e sopra il cavaliere una fascia su cui sta scritto: Provincia di Ceva.