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Fu destinato dal genitore allo studio delle leggi, ed all’età di diciott’anni fu acclamato dottore nell’Ateneo di Torino.

Il Marenco nato per la poesia non potè prender gusto alla turbolente palestra del foro: lasciati perciò a parte gli studii legali s’applicò con ardore indescrivibile alla lettura dei classici italiani, e sentissi un’inclinazione speciale per la tragedia.

Esordì nel difficile arringo col Levita d’Efraim, pieno di bibliche bellezze e scintillante di quel sacro fuoco di cui era accesa la mente ed il cuore del giovane autore.

Scrisse quindi il Bondelmonte e gli Amedei che destò le più vive simpatie della celebre Marchionni che sostenne con ammirabile maestrìa la parte della fanciulla, e riscosse i più fragorosi applausi al Teatro Carignano li 17 maggio 1828; chiamossi l’autore a più riprese a mostrarsi a quel dotto pubblico che pianse al sublime dolore della tradita ragazza.

Dopo il Levita ed il Bondelmonte scrisse, il Manfredi, l’Arnaldo da Brescia, il Corso Donati, l’Arrigo, l’Ezzelino, la famiglia Foscari, l’Adelisa, Giovanna di Napoli, Berengario Augusto, la guerra de’ Baroni, il Conte Ugolino, la Cecilia da Baone, il Corradino e la Pia de’ Tolomei.

Quest’ultima ebbe per tutta Italia un evento così felice che il Marenco veniva per questa denominato l’autore della Pia.

Trovandosi egli nel 1841, in Firenze si diede alla sua presenza la Pia che ebbe un incontro felicissimo, e l’autore ricevette i più lusinghieri attestati di riconoscenza da una nobile Dama della famiglia Tolomei per l’onor rivendicato della di lei parente la sventurata Pia.

Nei primi anni che s’aperse il nuovo magnifico Teatro di Mondovì-Breo, fu invitato il Marenco da quella direzione ad assistere colà alla rappresentazione della Pia posta in scena da valenti attori. Fu accolto colle più festose acclamazioni e la sua Tragedia riscosse i più fragorosi applausi. Fu tale la sua commozione che nel corso della rappresen-