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di tutti quegli affetti soavi che sono la parte divina dell’uomo.
Il colera, quel vento di morte che in pochissimi giorni ridusse la fiorita città di Sassari in orrido cimitero, commosse d’immenso terrore tutti gli abitanti. Le botteghe chiuse, il clero salmodiante, le preghiere d’un’agonia continua, gli uffici pubblici interrotti, tutti i servizi ed i commerci intercettati e sospesi, ricordavano la peste d’Atene, descritta da Tucidide, e quella di Milano che rendette immortale la carità di S. Carlo Borromeo.....
In Sassari la morte tenea per mano il terribile drappo mortuario, sventolante a foggia di bandiera, sovra il campanile di quell’antica Chiesa Cattedrale, e sceglieva le migliori vittime tra gli uomini di età matura, e che rappresentavano il senno e la venerevole maestà della patria, e l’ardimentosa gioventù che racchiudeva le più belle speranze dell’avvenire. »
Venendo l’autore al caro Rebaudengo così si esprime:
« Giovanni Battista Rebaudengo Maggiore di cavalleria, Comandante dei Carabinieri Reali prestava servizio fin dalla prima gioventù nel corpo militare dei Cavalleggeri di Sardegna, di cui era uno dei migliori tra gli ufficiali più intrepidi ed intelligenti. Cresciuto si può dir nell’Isola, ed avendo comandato in diversi punti alla testa degli squadroni, sparsi nelle varie provincie insulari, aveva acquistata quell’esatta conoscenza d’uomini e di cose, che tanto contribuisce al buon governo ed alla tutela dell’ordine pubblico. Di zelo indefesso ed operosissimo, dedicava egli intieramente sua vita all’accompimento de’ suoi non facili doveri nel comando importantissimo, di cui era investito. Grazioso, cortese, di parola facile e schietta, lo distinguevano i pregi di mente e di cuore per cui era grandemente amato dai buoni, e temuto dai tristi.
« Purgava la provincia dai briganti che a dovizia vi annidavano, e l’intrepida e nervosa azione dell’arma da lui comandata, stava con impegno costante a salvaguardia delle