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Entrò in relazione coll’arcivescovo della metropolitana, monsignor Carlo Broglia, il quale lo fece conoscere al duca Carlo Emmanuele I, che non tardò a conoscerne i distinti meriti, e specialmente l’eminente sua pietà; lo scelse a suo confessore, e prese con lui i necessarii concerti per erigere un eremo degno della munificenza sovrana.

Questo progetto dovette rimandarsi a più propizie circostanze, per cagione della terribile peste che invase furiosamente la città di Torino.

Chiamato il padre Alessandro ad assistere gli appestati della capitale, diede prove di tanta carità ed abnegazione di se stesso, che era da tutti considerato come un angelo consolatore loro concesso dalla provvidenza. Siccome in Torino più non osavasi entrar nelle Chiese, il padre Alessandro fece ergere in mezzo alla gran contrada di Dora Grossa un altare, dove celebrava messa, con grande edificazione dei desolati cittadini.

Questo terribile flagello commosse altamente l’animo religioso del duca Carlo Emmanuele I, che fece voto solenne d’ergere il progettato eremo, se veniva il suo popolo liberato dall’infuriante pestilenza.

Questa cessò, ed il Sabaudo duca ordinò al suo ambasciatore a Roma, conte di Verrua, di ottenere dal S. Padre il breve di erezione dell’eremo in capo al padre Alessandro, il che si concesse dal regnante Clemente VIII.

Si scelse pel nuovo eremo un sito amenissimo e solitario vicino a Pecetto. Fu a visitarlo lo stesso duca, l’arcivescovo Broglia, e l’ingegnere Ascanio Vitozzi.

Li 21 luglio 1602 si pose la prima pietra di quella chiesa, alla presenza del duca e dei principi RR. suoi figliuoli.

Stabilito l’eremo, ne fu sempre confermato ogni triennio priore il padre Alessandro. Il duca Emmanuele I, ne apprezzò sempre più i distinti meriti, e lo propose a vescovo di Saluzzo, d’Ivrea e di Tarantasia, ma l’umile romito rifiutò costantemente gli offertigli onori; anzi, avrebbe rinunziato