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Gian Benedetto Gentilotti dopo aver accettata, non senza molta ripugnanza questa sua nuova dignità cadde infermo, e morì in Roma nello stesso anno 1725 nell’età di soli anni cinquantatre e mesi due.

Grandissima era la sua erudizione e dottrina, e grandissimo il suo nome nella repubblica letteraria. Le opere di lui uscite alla pubblica luce colle stampe, che sono poche, possono vedersi riferite nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pag. 253 e segg., tra le quali meritano d’essere annoverate le note, ed osservazioni, ch’egli ha fatte all’Italia sacra dell’Ughelli, relative a’ Vescovi di Trento; ma opere ben più importanti possiam credere, ch’egli avrebbe pubblicate, se da si immatura morte non fosse stato rapito. Nel citato libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ vengono pur nominati i molti scrittori italiani e tedeschi, che di lui parlarono, e l’encomiarono nelle lor opere, tra i quali sono Francesco Adamo Kollario in Supplemen. ad Bibliothec. Vindobonens., ed il Lambeccio; ma io non voglio qui passare sotto silenzio l’elogio, che nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ non leggesi, e che di lui fece il Padre Hansiz nella prefazione all’opera sua intitolatata Germania sacra, e singolarmente una di lui epistola riportata dal citato Lambeccio, che sembra, dic’egli, non da un uomo, che piange la morte d’un amico, ma dallo stesso dolore dettata. In quest’epistola il Padre Hansiz così