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326 MEM. STOR. CIV. ED ECCL.

furono ricevuti dal Vescovo di quel tempo graziosamente per suoi Vassalli, accordando a’ medesimi alcune grazie di seminare i Territorj, di piantar vigne, di pascere i loro animali, coll’obbligo di corrispondere di ogni sorta di seminato, di pagar la decima del mosto, cioè per ogni dieci uno, così de’ capretti, e altri, come pure coll’obbligo di una ricognizione di tanto a fuoco per anno, oltre il servizio della paglia, e altri servizi personali, nella maniera, che si legge nelle Capitolazioni di sopra trascritte.

70. In fatti controvertendosi a Monsignor Mudarra, Vescovo di Larino i suddetti Territorj da’ Possessori di Loritello, e chiamati in causa gli Abitatori di Ururi con formale loro istanza degli 11. Giugno 1546. e in altre, dichiararono i medesimi non habere proprietatem aliquam, vel dominium in Territorio Ururi, se non che il dritto di colonia, e di corrispondere le solite decime, come nel procedo originale di detta causa inserito dopo i detti atti fabbricati sopra la liquidazione delle rendite, de’ quali si è parlato di sopra in questo cap.1. n.4.

71. E poichè gli Albanesi, ed Epiroti furono discacciati da Ururi; niente pretesero, come non potevano pretendere sopra detto Territorio di proprio; e dopo molto tempo reintegrati, benchè facessero istanza per la riforma di alcune delle suddette Capitolazioni, il Ven. Servo di Dio Monsignor Eustacchio Vescovo di quel tempo non volle approvarla, per cui dovettero continuare a vivere, come prima, per quel, che si è accennato di sopra.

72. Cosi appunto si dice nello Stato del Regno, formato dal Reggente di Tappia, ove parlandosi di Ururi, fatto l’anno 1629. si asserisce, che tutto il Territorio di Ururi sia di dominio, e pertinenza del Possessore di esso, cioè del Vescovo di Larino, e questo stesso si confessa da’ medesimi Cittadini in diversi loro riveli fatti alla Regia Camera, specialmente in quello del 1629. aderendosi di vivere, e soddisfare a’ loro pesi colle proprie industrie, e fatiche, e questì, e moltissimi altri documenti sopra di ciò si leggono in alcuni atti formati avanti il Signor Delegato della Real Giuridizione tra la Mensa Vescovile, e i Cittadini di Ururi fin dall’anno 1735.

73. Quindi non dubitandosi, siccome non può dubitarsi, che tutto il Territorio di Ururi sia di pertinenza, e di pieno dominio della S. Chiesa di Larino, e per essa de’ Vescovi pro tempore, è anche certo, che tutto, senza eccettuarne un palmo, è redditizio in beneficio della medesima. In fatti essa esigge il prezzo dell’erbe, che si vendono da per tutto, anche nel Territorio di S. Benedetto volgarmente chiamato S. Venditto, nel quale que’ di Ururi non vi hanno dritto, ne jus alcuno, anzi la stefla Regia Corte paga ducati dieci all’anno con mandato generale degli Erbaggi di Foggia, alla Mensa Vescovile, per il passaggio, e riposo, che fanno per il Regio Tratturo di Ururi le pecore, che in tempo d’inverno calano in Puglia. Regio Tratturo, parola di quelle parti, si dice quel luogo, per dove passano le pecore, stabilito dalla Regia Corte, e a’ Cittadini di Ururi è stato conceduto dal suddetto Monsignor Persio Caracci in virtù d’Istrumento degli 11. Agosto 1640. rogato per mano di Francesc’Antonio de Nigris Notaro Larinese commorante in Casacalenda, il dritto di pascere i loro animali nella Difesa della Voragna, colla condizione, che volendosi