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questa a lui non fu nota, poichè nel convivio scrive che Omero non era stato mutato ancora «di Greco in Latino» e dà con questo maggiormente a credere ch’egli di lui acquistasse la doverosa stima nello scorrere originalmente i suoi versi, e che per conseguenza avesse delle lettere greche piena notizia. In questa forma hanno molti pensato1, ed a chi teneva in contrario ha contraddetto l’erudito Gio. Lami2 a cui mi piace in tal maniera di unire il mio giudizio con la speranza di non errare con tanta guida. Nè certamente lo studio della lingua greca si spense mai nell’Italia3, e

    Biblioteca Greca scrive lib. 2. cap. 111. quest. 18. vol. 1. pag. 297. «Primus ex recentioribus Homerum latine reddi curavit Franciscus Petrarcha «per opera cioè di Leonzio Pilato, di che è da vedersi specialmente l’abate Mehus nella sua vita di Ambrogio Traversari pag. CCLXIX. e seg. Che se alcuno in quei tempi fra i latini ebbe notizia di Omero questo seguì per mezzo del compendio che fece Pindaro Tebano in verso dell’Iliade, come in parte osserva ivi lo stesso Mehus pag. CCCXXI. Si consulti ancora il citato padre Gradenigo pag. 134. ove parimente confessa che avanti il Petrarca, Euripide, Esiodo, ed Omero non erano stati mutati di greco in latino. Molto più adunque prima di Dante, che d’altronde non ebbe notizia della pretesa traduzione di Pindaro.

  1. L’opinione che il nostro Poeta sapesse l’idioma greco è seguitata dal Padre Negri nella sua Istoria degli scrittori Fiorentini pag. 140. dal Boesarde presso il Pope-Blount censurae celebriorum auctorum pag. 139. da monsignore Domenico Giorgi nelle sue osserv. intorno alla persona di Emanuele Grisolora, che sono nel tom. XXV. della raccolta di opuscoli fatta in Venezia dal padre Calogerà; da monsignore Fontanini nella sua Eloquenza italiana cap. 15. del lib. 11.; dal canonico Giulianelli in una postilla manoscritta alla prima edizione di queste mie memorie, e da altri, i quali troppo nojosa inchiesta sarebbe il rammentare.
  2. Domenico Manni avendo pubblicata la suddetta sua lezione dell’antichità, oltre ogni credere, delle lettere greche in Firenze, pag. 3. pensò doversi negare senza dubitazione il saper di Greco in Dante, ma il Lami nel dar ragguaglio di questa operetta nelle sue novelle letterarie del 1762. num. 22. col. 350. si dichiara per l’opinion contraria, e la tien per certa maravigliandosi che altrimenti abbia pensato l’autore di essa. Anche il canonico Dionisi con buoni argomenti sostenne l’affermativa.
  3. Vedi il Muratori nell’antichità italiane de’ tempi di mezzo tom. III. dissert. XLIV. ed il suddetto padre Grandenigo. Per questo il citato Mehus nella vita del Traversari pag. CCXVII. scrive «Pari modo graecae litterae Petrarchae sunt acceptae re-