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pasto per gl’ignoranti1, è un comento in prosa sopra tre sue Canzoni, nel quale moltissimi semi di Filosofia Platonica, di Astronomia, e di altre scienze, che esso possedeva al pari di qualunque altro del tempo suo, si trovano sparsi2. Ed in vero senza che si avesse la Commedia, quest’Opera sola farebbe chiaramente vedere che in Dante concorsero tutti quei pregi, i quali rendono degno di alta stima un’uomo di lettere. Egli ebbe certamente intenzione di seguitare questo suo lavoro3, e quel tanto che di esso ci è rimasto, non è intiero, perchè dal contesto vi appariscono in alcuni luoghi delle lagune4. Dopo il suo esilio compose il Poeta quest’Opera, ed io non sarei lontano dal sospettare, che ciò seguisse dopo aver egli terminata se non tutta, almeno una buona parte della Commedia5. Nel 1490. fu in

    da Gio. Filoteo Achillino nelle sue strane annotazioni della volgar lingua (pag. 10. e seg. edizione di Bologna del 1537.) di essersi egli attribuito il Confesso di Guido Guinicelli Bolognese, mutandone il titolo in quello di Convivio.

  1. Leggasi il principio di quest’opera, alla quale il Tasso compilò le note (op. tom. V. pag. 33.) tanta era la stima, che ne faceva.
  2. In un Codice cartac. in fogl. della Riccardiana segn. O. I. num. XXVI. vi è un sonetto di Dante con questo titolo «Qui appresso fia scritto uno sonetto di Dante Alegieri, pel mezzo del quale e’ si vede quest’opera (cioè il Convivio) non esser finita, e non gli piacere, ed essere di sua intenzione non seguitare più oltre, ec.» Lascerò che gli altri giudichino di tal cosa a loro piacimento, ma si veda in tanto la nota seguente.
  3. Sopra 14. canzoni «sì d’amore, come di virtù materiate» voleva Dante scrivere questo comento, siccome egli medesimo asserisce nello stesso suo Convivio. Gio. Villani l. 9. c. 135. dice di esso «che per la sopravvenuta morte non perfetto si trova, se non sopra le tre, il quale, per quello che si vede, alta, bella, et sottile, et grandissima opera ne uscia; però che ornato appare d’alto dittato, et di belle ragioni philosophice et astrologice».
  4. L’osserva il Canonico Biscioni nelle sua Annotazioni sopra il presente libro di Dante.
  5. Quando Dante scrisse quest’opera, aveva già provati i disastri originati dal suo esilio, come in essa lo dimostra. Sbaglia per altro sicuramente Giannozzo Manetti dicendo che tanto il Convivio,