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sempre indefessamente occupato nell’illustrare gli scrittori della nostra Toscana favella, nell’esaminare l’accennata opinione pensò che veramente Dante1 potesse aver veduto il Romanzo del Meschino, e che dallo stesso avesse appreso l’idea del suo ammirabil Poema; ma che poi la molta corrispondenza, la quale s’incontra in questi due scrittori, non dimostri già, che Dante dall’altro di pianta copiasse ciò che nella sua Commedia di uniforme si legge2. Per altro, da altri ancora possiamo credere che Dante ricavasse l’idea della sua Opera; ed in vero lo stesso Monsignor Bottari parla d’un Codice della Libreria di Monte Cassino, in cui si descrive una visione, o sogno simile a quel di Dante, avuto da Alberico diacono Cassinese3, in tempo d’una sua gravissima malattia.
- ↑ In una lettera scritta sotto nome di un’Accademico della Crusca, impressa nel tom. VII. delle Simbole Goriane stamp. in Roma.
- ↑ Il Bottari pensa che chi volgarizzò il Romanzo del Meschino colle invenzioni della Commedia di Dante, ampliasse ciò che quivi si dice del viaggio di Guerrino di Durazzo.
- ↑ Di costui che visse nel XII. secolo parla Pietro Diacono nella giunta al Cronico di Leone Ostiense. Non deve ancora tralsciarsi di dire che il can. Gio. Giacomo Dionisi di Verona nella sua opera pub-
derivavano da dei misteri venuti di fuori, queste dovevano esser quelle dell’antro di Trofonio di cui c’informa Pausania.
Del resto Dante potette saper tutto ciò, ma la sua finzione è un sogno e non un’invenzione analoga a quello che si narra del pozzo di S. Patrizio, onde non mi saprei troppo accordare al sentimento del Fontanini; ed è più probabile che il Poeta imitasse altre idee del suo secolo, e forse quelle di Raoul de Houdan nel suo Fabliau «Le songe d’Enfer, ou le chemin d’Enfer» pezzo satirico, che pubblicò già Barbasan (Stefano) nella sua collezione di racconti di antichi poeti impressa in 3. vol. 12. nel 1766. e ripetuto in estratto dal medesimo le Grand nel tom. II. pag. 17. e seg. il qual più somiglianza ha con l’invenzione dell’Alighieri, in quanto che ancor esso varie persone tormentate trovò per i loro peccati ne’ diversi luoghi, che gli parve di visitare, ove i vizi si punivano, senza però delle cose del Purgatorio, e del Paradiso far motto, perchè il suo viaggio fu per il solo regno di Belzebut, alla tavola del quale fu invitato, e di carne d’usurai, e di monaci neri, ingrassati col bene altrui e con l’ozio, regalato.