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canzone; lo che dimostra aver esso lavorato intorno a questa sua nobilissima opera avanti il partir della Patria1. Il più forte argomento contro quello che dice il Boccaccio, è la parlata che finge nel Canto VI. che gli fosse fatta da un certo Ciacco, nella quale gli predice la cacciata sua da Firenze; ma il Boccaccio conobbe l’obbiezione, che gli poteva esser fatta; onde sapendo per altra parte sicuramente2, che Dante aveva composto sette Canti del suo Poema innanzi di essere stato esiliato, si ristringe a dire che poteva darsi, che Dante avesse posteriormente aggiunto qualche squarcio nel Canto VI. cosa certamente molto verisimile. Ma se volessi in questo luogo esaminare a fondo la presente questione, e ribattendo gli argomenti addotti dal Marchese Maffei3,

  1. Se Dante fu, com’è stato detto, esiliato nel 27. gennaio 1302. ben avanti sembra che dovesse aver cominciato il suo Poema; e sembra che lo potesse aver finito prima del 1308. Vedi nota (23). Dionisi opina che deve averlo terminato dopo la morte di Arrigo che avvenne nel 1313., e lo arguisce da quanto scrive Dante nel XXX. Canto del Paradiso, ver. 133, cioè:

              Prima che tu a queste nozze ceni
              Sederà l’alma, che fia giù agosta,
              Dell’alto Arrigo ch’a drizzare Italia
              Verrà in prima ch’ella sia disposta.

    Aggiunge Dionisi stesso che egli accenna la rotta che ebbero i Padovani da Can Grande l’anno 1314. e conclude dunque che la Commedia non era finita e Arrigo era morto l’anno innanzi. Ma tutto questo può spiegarsi con ritocchi e aggiunte che gli autori fanno finchè vivono alle opere loro.

  2. Non pare che si possa negare assolutamente la verità di questo fatto senza torre la fede al Boccaccio, perchè ci da il discarico, nel suo Comento, della persona da cui l’aveva saputo.
  3. Negli scrittori Veronesi pag. 50. ove dice di più «Tradizion costante è rimasa, che in certa casa posseduta poi anche da’ suoi discendenti in Gargagnago di Val Pulicella una buona parte (della Commedia) ei (Dante) ne componesse» e nel Tom. II. delle sue Osservazioni letter. pag. 249. in occasione di rispondere a monsignor Fontanini, il quale nella sua Eloquenza Ital. lib. 2. cap. 19. aveva mostrato di aderire al racconto del Boccaccio. Non vorrei per altro, che in questo luogo il Marchese Maffei avesse