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Canti, e che questi, essendo venuti in mano di Dino di messer Lambertuccio Frescobaldi buon rimatore di quei tempi1, furono mandati a Dante, acciò potesse proseguire l’incominciato lavoro; lo che fece egli per dar nel genio al Marchese Maorello, presso del quale si ritrovava, quando il suddetto Dino gl’inviò i medesimi Canti. Per questo osserva il mentovato Boccaccio, che Dante ripigliando l’opera interrotta, in tal forma dette principio all’VIII. Canto dell’inferno:

Io dico seguitando, ec.

Questo medesimo fatto in succinto è narrato ancora da Benvenuto da Imola, il quale fu discepolo dello stesso Boccaccio2; e Francesco Sacchetti3 racconta che Dante nel passare un giorno per porta S. Piero, prima che egli fosse mandato in esilio, sentì un fabbro che cantava un pezzo del suo libro, come si suol fare di una

  1. Dino, di cui può vedersi il Negri negli Scrittori Fiorentini pag. 156. fu forse figliuolo di quel messer Lamberto Frescobaldi, il quale fece fare la prima volta nel 1252. il nostro Ponte a S. Trinita.
  2. Domenico Maria Manni ha osservato tal cosa nella Part. 1. cap. 30. della sua Istoria del Decamerone di Gio. Boccaccio, ed è perciò probabile, che Benvenuto fosse informato di questo dallo stesso Boccaccio. Il detto Benvenuto raccontando nel suo Comento al Canto VIII. dell’Inferno un simil successo, dice che i primi Canti della Commedia di Dante vennero in mano di un tal Dino (quemdam Civem nomine Dinum), onde il Muratori, o chi attese all’impressione di questo Comento nel Vol. I. Antiquit. medii aevii cadde in errore, dicendo che questo Dino fu Dino Compagni lo Storico, mentre il Boccaccio in due luoghi ci dice che fu messer Dino di messer Lambertuccio Frescobaldi. Un antico Comentatore le cui Chiose esistono in un Codice Riccardiano segnato num. 1016. e che porta la data dell’anno 1343. dice (come il Boccaccio) che fu messer dino lambertuccio frescobaldi, valente uomo massimamente nel dire in rima, e narra tutto il fatto concordando col Boccaccio medesimo, alla cui testimonianza dà maggior peso, per essere anch’esso scrittore molto vicino ai tempi.
  3. Novella CXIV.