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152 | memorie |
abbiano i Fiorentini questo lor celebre concittadino. Era Dante nell’esterno più che niun’altro, composto, cortese, e civile1, negli studj assiduo, e vigilante, tardo parlatore, ma nelle sue risposte molto sottile2, e solitario e ritirato dal conversare con gli altri, ambizioso conoscitore dei proprj meriti, e della propria ca-
- ↑ Questo è il carattere, che fa di Dante il Boccaccio, ma Gio. Villani, mostrando di giudicarne più tosto da ciò che appariva da’ suoi scritti, che per averne avuta un’esatta relazione, ce lo descrive diversamente; ma può ben’essere che la vita infelice che egli menò dopo il suo esilio, lo facesse diventar presuntuoso, schivo e sdegnoso, siccome dice lo stesso Villani, le di cui tracce abbiamo seguite, quantunque a costo di esser ripresi per esserci in apparenza contraddetti.
- ↑ Si raccontano dal popolo di Firenze diverse risposte date da Dante, le quali non ho creduto che andassero registrate in queste Memorie, perchè non trovo che di esse facciano menzione Autori degni di fede.
quale spiegava pubblicamente in Duomo la Commedia di Dante, fece ivi collocare un quadro dipinto in tela (Ricordo manoscritto nella Riccardiana in un Codice cart. in fogl. o. 11. num. V. pag. 180) con alcuni versi stampati dall’indefesso Dott. Lami nel suo Catalogo dei manoscritti della Libreria Riccardi. Presentemente in luogo di questo quadro, il quale è nelle stanze dell’opera di detta Chiesa, un’altro se ne osserva, in cui è rappresentato il Poeta Dante con i suoi tre regni, e la veduta di Firenze. Sotto si leggono i seguenti versi, che si credono fatti da Coluccio Salutati:
Qui Coelum cecinit mediumque, imumque tribunal,
Lustravitque oculis cuncta Poeta suis,
Doctus adest Dantes sua quem Florentia saepe
Sensit consiliis, ac pietate patrem.
Non potuit tanto mors saeva nocere poetae
Quem vivum virtus carmen imago facit.
Non se questo quadro sia quello, di cui parla il Salvini nella Prefaz. de’ suoi Fasti Consolari pag. 18. È da consultare il tomo 2. della Firenze antica e moderna illustrata, Firenze 1790. in 8.° pag. 294. In Verona sopra la facciata della casa della nobil famiglia Marozna stà dipinta a fresco l’idea della prima cantica, o dell’inferno di Dante, opera di Paolo Farinata degli Uberti Veronese oriundo Fiorentino.