apertamente apparisce che egli, o tratto dai consigli del Pontefice1, o dai denari, e dai maneggi della Parte nera, non aveva procurato di far altro, se non distruggere il partito dei Cerchi, dobbiamo noi maravigliarci che in una sentenza Dante venga dichiarato barattiere? In vero se tanti furono i disordini, e le ingiustizie commesse nella città2, se l’impegno, la forza, l’odio, l’invidia consigliava in questi miserabili tempi gli animi di coloro che governavano la Repubblica, o se piuttosto i Magistrati dovevano a forza ubbidire al volere di quei privati, i quali tiranneggiavano la loro Patria, si può egli credere che Dante Allighieri macchiato fosse di quel fallo, che gli vien rinfacciato nella sentenza data da messer Cante, ed in un’instrumento del 13423? E con qual faccia poteva lo stesso Dante nella sua Divina Commedia4 riprendere come barattieri messer Baldo di Auguglione5 e Bonifazio, detto Fazzio Giudice de’ Mori Ubaldini, se di questa pece fosse stato imbrattato egli stesso? A ciò riflettendo Scipione Ammirato6, lasciò scritto che «era necessario dire, o che sì virtuoso uomo (cioè Dante) fosse condannato a torto, come scrive il Villani7, o che senza ragione metta altri nell’Inferno per il peccato, del quale era macchiato». Ma comunque fosse, racconta l’Aretino che non essendo comparso
- ↑ Certamente Dante nella sua Commedia, in particolare nel Canto XVII. ver. 49. e seg. del Paradiso, dà la colpa al Pontefice Bonifazio VIII. d’aver procurato per mezzo di Carlo la cacciata dei Bianchi.
- ↑ Senza orrore non si può leggere il 2. libro di Dino Compagni, ove si raccontano le cose successe nella venuta di Carlo in Firenze.
- ↑ Si riferisce più abbasso.
- ↑ Canto XVI. del Parad. ver. 55. e seg.
- ↑ Di messer Baldo di Auguglione ved. il tom. 18. dei Sigilli di Domenico Manni, ove num. 7. s’illustra appunto un Sigillo di esso. Messer Donato Alberti, al dire di Dino Compagni lib. 2. pag. 52. quando fu preso da’ Neri, e condotto al Potestà, nominò Baldo d’Auguglione fra quei che avevano distrutta Firenze.
- ↑ Stor. tom. 1. pag. 215. Ediz. di Firenze del 1647. in fogl.
- ↑ Lib. 9. cap. 135.