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più felici? Si è lo studio che addolcisce i nostri mali, che dissipa i nostri pericoli, che tutte vivifica le facoltà del nostro spirito; e si è per esso che noi al dir di Cicerone, conosciamo l’infinità delle cose e della natura, e in questo modo istesso il cielo, la terra, i mari. Ma la limitazione della mente umana, e la ignoranza nella quale miseramente nasciamo, fanno sì, che svegliare non puossi lo intelletto nostro, nè acquistare in gran parte le cognizioni, se non ricorrendo a varie fonti: e quali saranno queste? Forse gli uomini di lettere? Non già, perchè o le cognizioni tutte non hanno per soddisfare alle ricerche nostre, oppure una certa aria di disprezzo, che si ravvisa nella più parte dei medesimi, invece di allettare lungi ritiene da loro quanti mai vorrebbero accostarsi ad essi, e consultarli. A chi dunque dovrà ricorrersi? Ai libri. Sono questi le miniere alle quali puossi ricorrere in ogni tempo senza timore di non ritrarne vantaggio: si deposita in essi a frutto dei nipoti la sapienza degli avoli e con essi si aggiunge all’antico patrimonio la nuova ricchezza. Son dessi i maestri, scriveva il famoso Riccardo di Burg nel suo Philobiblion, che ci istruiscono senza verghe o sferze, senza collera e senza danaro: se li avvicini non dormono, se li ricerchi non si nascondono, non mormorano se tu erri, nè ti rimproverano della tua ignoranza. Ma oh! quanto pochi sono coloro che acquistar ne possono qualche porzione, e quanto innumerevoli quelli ai quali neppure è conceduto possedere i libri più necessarj e meno dispendiosi.