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250 colosso egiziano

che da quel principe conquistatore aveano dovuto soffrire i loro antenati, il che si sarebbe ottenuto più sicuramente da que’ barbari distruggendo affatto il simulacro; ma piuttosto da qualche iconoclasta egiziano in odio di quell’idolo medesimo, e Dio sa per qual cagione! Ma questa probabilità quasi divien certezza se si pon mente che anche sull’obelisco che sta alla porta Flaminia in Roma, fra i geroglifici che ivi compongono il nome di Mandui ii, decimo Re della diciottesima dinastia, detto Anchercheres da Manetone, vedesi pure distrutta col martello quella figura medesima di Mandu che è stata guasta sulla nostra statua.

Ma su quell’obelisco, come accadde sul nostro monumento, le dette cancellature non doveano essere state fatte così compiutamente che non rimanesse pure qualche traccia della figura sedente colla testa d’uccello ornata di due piume, poichè questa fu in qualche modo restituita nella copia di quel segno così cancellato sull’obelisco Sallustiano, quando, molti secoli dopo, uno scultore di Roma, con mano profana, prese ciecamente a replicare su di esse le medesime iscrizioni ch’egli vedeva, e noi vediamo ancora sul detto obelisco di Mandui ii. Tutto ciò si può riscontrare sulle stampe di quei due gran monumenti presso Kirchero.1

S’ella è dunque cosa assai probabile che il segno figurative di Mandu sia Stato tolto dalla statua d’Osimandia per ben altra cagione che per cancellare la memoria di lui, come pare si debba credere in sulle prime, non è inverisimile che il suo nome sia Stato restituito in altra maniera nel luogo più evidente del colosso, cioè in quell’incavo di figura quadrata (tav. ii. N) che sulla base del colosso occupa appunto il posto dell’antico nome, combinandolo nello stesso cerchietto Reale col titolo di servitore di Phtah, il quale essendo ivi cosa affatto separata dal dio Mandu, non era stato cancellato. Ed io non sono lontano dal credere che il nome dell’eroe cola novellamente restituito, il quale ora più non si vede

  1. Oedip. Vol. III. p. 213, 217.