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246 colosso egiziano

circolo astronomico il quale coronava tutto l’edifizio, e fu poi rapito dai Persiani distruttori di tante opere stupende.

Anche il nostro colosso era altre volte probabilmente dipinto a vari colori. Lo erano certamente le due maggiori sfingi1 ed un bellissimo capitello di questo museo, che sono a quella molto somimiglianti e per la mole, e per la qualità arenaria del sasso, benchè di differente densità. Più volte ho avuto occasione di osservare che era costume degli Egiziani di velare con colori diversi, e con oro ancora, molte delle loro statue, quelle principalmente le quali, per la sostanza granellosa o troppo tenera dalla pietra, non era loro possibile di ridurre a perfetto pulimento, o non potevansi senza pericolo esporre all’umido, ed alle vicende delle stagioni.

Reca veramente stupore come una statua di sì alta antichità, come è la nostra, sia giunta fino a noi in uno stato di quasi perfetta conservazione; e pare che, nel mirare la fralezza, e la corta durata delle cose che ne circondano, l’animo nostro ricusi di prestarvi assenso. Eppure non ci somministrano forse molto maggior motivo di meraviglia tante opere fragilissime di legno, di vetro, di terra cotta, di lino e perfino di paglia, che ogni giorno si trovano conservatissime nelle tombe egiziane? Ma ciò che più d’ogni altra cosa dee farci persuasi che il buon essere di quel simulacro di pietra durissima, come di tanti altri monumenti dell’Egitto di poco minore antichità, non è punto cosa improbabile, si è quel quadretto di terra cotta verde poc’anzi mentovato, il quale, benchè di materia tanto più fragile, essendo improntato dell’intiero

  1. Queste due sfingi colossali con faccia virile e corpo di leone, scolpite in quello stile corretto e scevro che fu proprio dell’epoca migliore delle arti egiziane, ai tempi di Meride e di Sesostri, non hanno finora le eguali per grandezza in Europa. La loro sostanza è di una pietra arenaria così fragile che, esposte all’aria nelle nostre contrade, anderebbero ben presto in ruina. Il clima della Tebaide, all’incontro, ed i colori che ne velavano la superficie bastarono colà a conservarle intatte per lo spazio di trenta e più secoli. Furono trovate dal Cav. Drovetti sull’antico suolo di Tebe, schierate con moltissime altre simili avanti il tempio di Karnac. La loro lunghezza è di tre metri, e l’altezza maggiore di metro uno e mezzo.