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5. Verso il fine del secolo decimo il famosissimo Gerberto, che fu poi arcivescovo di Rheims, e quindi Papa col nome di Silvestro secondo, essendo prima abate di Bobbio, mise in tal credito quello studio, che venivano scolari da più rimoti paesi. E chiunque sa che a Gerberto noi siam debitori delle cifre di aritmetica decimale, ben può credere che nelle scuole da lui dirette non s’insegnava solamente la teologia ed il canto fermo, ma tutte quelle cognizioni che rimaste erano in qualche canto d’Europa; o quelle, che venute d’Africa o d’Asia, egli stesso avea di recente portate di Spagna.

Gli studi de’ monachi destarono qualche lodevole emulazione nell’altro clero. Nel secolo stesso di Gerberto, ma prima di lui, Attone vescovo di Vercelli, autore di opere per li suoi tempi assai notabili, stabilì alcune scuole nella vasta sua diocesi, ed ordinò che nelle terre i fanciulli fossero gratuitamente ammaestrati da’ preti.

6. Assai più anticamente, ma non prima dell’anno dcccxxiii, l’Imperator Lottario avea fondato un sistema di pubblico insegnamento, che dopo quegli antichi d’oriente, e d’occidente, fu il primo in Europa fuori de’ monasteri e delle chiese, e nel quale si ravvisano le prime tracce di quegli studi generali conosciuti poi sotto il nome di Università. Nove città d’Italia ebbero le scuole stabilite dall’Imperatore. In Ivrea doveva insegnare il vescovo; a Torino doveano venire i giovani di Alba, di Albenga, di Vado; quelli d’Acqui, d’Asti, di Tortona, di Vercelli, di Novara doveano andare a studio sotto Dungallo in Pavia.

7. Le scuole adunque di Pavia, di Torino, e d’Ivrea, insieme con quelle del monastero di Bobbio, impedirono forse che ne’ secoli della maggiore ignoranza, quali furono il nono ed il decimo, si perdesse per intiero nella Italia occidentale ogni maniera di lettere. Certo è che nel secolo undecimo, e nell’angolo più rimoto del Piemonte e dell’Italia, qual è la valle d’Aosta, sorse un insigne teologo, Sant’Anselmo, le cui speculazioni metafisiche sono