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3. Trascorsi appena que’ primi tempi del Romano imperio, la letteratura ecclesiastica è la sola che possa farci conoscere qual fosse lo stato delle lettere in queste nostre contrade.

Due vescovi, per molti titoli chiarissimi, Sant’Eusebio di Vercelli, e San Massimo di Torino, ci hanno lasciato egregii documenti di zelo pastorale per l’ammaestramento de’ fedeli alla lor cura commessi, e soprattutto degli Ecclesiastici. Il santo vescovo di Torino prese a combattere alcune usanze superstiziose degli abitanti di questa città, e mostrando la naturalezza degli eclissi lunari, dissipò i timori prodotti dall’ignoranza: il che prova che anche nelle scienze umane il clero formava la parte più dotta della nazione. In tempo assai più recente, cioè sul principio del secolo nono, un altro vescovo di Torino, ben diverso da San Massimo, pur anch’egli per quella età dottissimo, Claudio, di nascita Spagnuolo, cercò di propagare l’eresia degli Iconoclasti, fierissima nemica delle arti disegnatrici. Tuttavia per le contraddizioni ch’egli ebbe a soffrire, e che impedirono la riuscita de’ suoi pravi disegni, si vede chiaramente che la sana dottrina, professata da’ suoi predecessori, facea sempre la base del volgare insegnamento.

4. Ma nel clero, come in ogni altra classe di persone, si sarebbe affatto smarrita qualunque sorta di dottrina, se le istituzioni monastiche non avessero aperto un asilo alle lettere divine ed umane. Il più antico monastero dell’Italia occidentale, cioè quello di Bobbio, che fu fondato nel principio del secolo settimo, ci offre il prime sicuro esempio di uno stabile e regolare ammaestramento. San Colombano, Irlandese o Scozzese, fu il fondatore del monastero; ma un suo compagno Subalpino, Giona di Susa, fu l’autor principale dello studio. Un altro monaco Scozzese, Dungallo, diede al monastero parecchi libri, merce a que’ tempi preziosissima, e fra que’ libri ve n’eran pure di filosofia, d’aritmetica, di storia, d’erudizione, di poesia. Di lè venne il Sedulio, che ancor fa l’ornamento della biblioteca pubblica di Torino; ed il Lattanzio che anni sono passò in Parigi.