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148 osservazioni

qualche considerazione vollero avere, ad esempio della metropoli, sì l’uno che l’altro di que’ vasti edifizi, destinati al solazzo, ed alle publiche adunanze.

§ Ma se fu così veramente, perchè sì pochi teatri antichi ci sono rimasti, quando s’incontrano ancora sì frequenti gli anfiteatri? Di questi nelle sole provincie d’Italia che ho percorse, ne ho veduti, senza fallo, più di venti, a Verona, cioè, a Roma, a Spello, a Spoleto, a Pollenzo, a Luni, a Lucca, a Firenze, in Arezzo, in Ancona, a Terni, a Minturno, a Capua, a Napoli, a Pozzuolo, a Pompeja, a Nizza narittima, ed in altri luoghi ancora: olre quei tanti de’ quaii si conservano tuttora sicure memorie. Dei teatri all’incontro, oltre quello di cui ragiono, non mi è riuscito di vederne più di sei o sette, a Roma, cioè, a Fiesole, a Lucca, a Spoleti, a Pompeia ed in Erculano.

Questa differenza nella conservazione di tali edifizi, s’io non erro, procede da ciò che i teatri essendo e per mole, e per solidità inferiori di molto agli anfiteatri, aveano sempre luogo dentro le mura delle città, anzi per lo più nel centro di quelle, ed in vicinanza del Foro. Quivi, dopo i secoli della nostra barbarie, quando risorsero a nuova vita i comuni d’Italia, ed intieramente s’andarono rinovando, i teatri dovettero a poco a poco essere atterrati per trarne materiali per le nuove fabbriche, e per dar luogo a vie più ampie, a più comode abitazioni, a templi più spaziosi che gli Antichi non soleano avere. Gli anfiteatri al contrario, per la vastità della loro mole, e fors’anche per la qualità delle rappresentazioni cui erano destinati, si edificavano sempre fuori degli angusti recinti delle città, ovvero ne’ quartieri di esse i più appartati. Ivi il distruggerli riusciva meno utile o necessario, e non era cosa sì agevole il farlo per la troppo maggior robustezza della loro costruzione. A tutto ciò si aggiunga che ne’ secoli di mezzo, sbanditi dalla cristiana carità gli inumani spettacoli, gli anfiteatri furono talvolta convertiti in rocche o cittadelle, ed ebbero anche a servire di publici Aringhi e Parolasci, per valermi dei vocaboli