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[XVI. Non esser vero che nelle strade di ferro ove le forti ascese e discese si alternano, non vi sia, alla fine del conto perdita di tempo nel viaggio in confronto di quello che si impiegherebbe percorrendo lunghezze eguali sopra piani orizzontali o dolcemente inclinati.]

46. Nè si creda, come può sembrare a prima giunta, e come fu anche asserito1, che, dovendosi salire per iscendere poscia, non vi sia, alla fine del conto, perdita di tempo, potendosi nella discesa accelerare la velocità per modo da guadagnare per essa il tempo perduto nelle difficoltà della ascesa.

Si può creder questo seguendo un’idea astratta, una teoria; lo si può credere, non avendo mai osservato i fatti, non avendo mai consultata l’esperienza.

L’esperienza dimostra invece, che, correndosi ora per le strade a vapore su linee orizzontali e di miti pendenze con una velocità di ben venti miglia all’ora, quanto nelle ascese si perde, pel sopraccarico che ingenerano una parte di questa velocità, una parte di questo viaggio per ciascuna ora, torna impossibile il riguadagnarlo nelle forti discese che per avventura venissero dopo.

Nelle discese delle strade a guide di ferro, quando l’inclinazione supera il 3.60 per mille circa, i convogli scendono liberamente, perchè appunto la somma degli attriti che si oppongono al loro moto nei piani orizzontali è prossimamente eguale al 3.60 per mille del loro peso. Allora sono retti dalle leggi di gravità comuni a tutti i corpi, e quindi i loro incrementi di velocità successivi sono rapidi, e tanto più quanto è più grande l’inclinazione del piano, e quanto è più forte la carica.

Se dunque i convogli non si allentassero, accrescendo coi soliti congegni il loro attrito ordinario, e si corresse nelle discese con una grande velocità, con una velocità maggiore di venti miglia all’ora per compensarsi del tempo perduto nelle ascese, questa velocità potrebbe divenire in breve tempo infrenabile e quindi pericolosa, come cento casi già fatalmente accaduti lo attestano. Non si corre dunque, e non si permette che si corra sulle forti pendenze con una velocità maggiore di

  1. Memoria citata. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1837.